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LA NAZIONE AVIGLIANESE
Quando nel 1966 Claudio Guida pubblicò per la rivista “Paesi e Città” un saggio dal titolo La nazione aviglianese, tale termine era già stato coniato da circa un paio d’anni, ovvero da quando un gruppo di esperti della Esso Standard (tra cui lo stesso Guida in qualità di esperto di agricoltura) erano stati inviati ad Avigliano per la redazione di uno studio a carattere socio-economico, ideato e coordinato da Manlio Rossi Doria, denominato “Progetto Avigliano”, le cui risultanze furono pubblicate in C. BONANNI, C. GUIDA, A. LA CAPRA, E. MASSEI, A. ZUCCONI, Il Progetto Avigliano, in “Centro Sociale”, estratto dal n. 57-60, 1964, p. 15. Per “Nazione aviglianese” si intendeva l’insieme dei contadini di Avigliano che, a partire dal XIX secolo, per effetto del progressivo aumento della popolazione, alla ricerca di nuove terre da coltivare, si insediarono “a macchia di leopardo” nei territori vicini e meno popolati nel vasto comprensorio tra il Vulture e l’Alto Basento, conservando le loro tradizioni e il loro dialetto.

I comuni interessati da tale fenomeno furono i seguenti: Potenza, Ruoti, Bella, Pietragalla, Forenza, Ripacandida, Atella, Rionero in Vulture, Barile, San Fele, Vaglio Basilicata, Tito, Pignola, Picerno, Baragiano ed anche altri più lontani. Calcolando anche Avigliano e Filiano, la consistenza demografica della “Nazione aviglianese” è oggi stimabile in circa 45.000 presenze.

Gli sviluppi del “Progetto Avigliano” sono poi stati esaminati in G. CLAPS, La scuola, la comunità, la memoria. Frammenti di una vita, Avigliano, Pisani Teodosio Edizioni, 2013, capitoli XII, XV e XVI. Molto eloquente è l’analisi di Eugenio Azimonti proposta nell’inchiesta parlamentare sullo stato dei contadini nelle province meridionali e nella Sicilia condotta nel 1909, nella quale è riportata una significativa descrizione di come veniva inteso dagli aviglianesi il concetto di colonizzazione, che è alla base della formazione della Nazione Aviglianese. “Il contadino aviglianese, assai prolifico, ha dovuto in questi ultimi anni sconfinare dal territorio dei suoi casali, lasciando la sua terra (Avigliano), e si riscontra in quasi tutto il Potentino centrale, a sostituire in parte i contadini locali emigrati. È l’affittuario tipico: egli piglia tanta terra quanto può lavorarne a zappa con l’aiuto di tutti i membri della sua famiglia, moglie e figli, tanto maschi che femmine. L’Aviglianese si presta di mala voglia al lavoro a giornata presso terzi. È il contadino che più sente di sé. Laboriosissimo, frugale oltre ogni dire, sa vivere in campagna isolato, accontentandosi di un’unica stanza a pianterreno (una volta le capanne aviglianesi erano di legname e paglia), dove alloggia con la sua giumenta, col suo maiale, coi suoi polli. Solo in circostanze eccezionali, alla mietitura, chiede aiuto di mano d’opera. L’aiuto viene prestato scambievolmente, del resto” (E. AZIMONTI, Territori e Società in Basilicata, Vol. I, Rionero in V., Calice Editori, 1996, pp. 54-55).

A partire dalla seconda metà degli anni ’20 del ‘900 uno dei primi comuni lucani ad essere preso di mira dagli aviglianesi è proprio il capoluogo, Potenza, dove essi si trasferiscono in massa andando a stabilirsi nel centro cittadino, ma soprattutto continuando l’opera di colonizzazione del territorio iniziata nella seconda metà dell’Ottocento, dando vita ad una miriade di borgate, masserie e case sparse, contribuendo in maniera determinante finanche alla formazione del borgo suburbano di Santa Maria, sorto - come si legge in una relazione del 1888 - “anche con il concorso di coloro che abitano le cosiddette capanne aviglianesi che di giorno in giorno aumentano di anime”.

Intorno al 1880 molte famiglie aviglianesi si insediarono nel demanio comunale di Chiancali, andando ad occupare l’area quotizzata di 110 piccoli fondi che i contadini potentini avevano rifiutato perché ritenuti improduttivi e troppo distanti dal centro urbano. Tale contesto, assimilabile a varie altre situazioni analoghe, troverà ancora una volta il suo momento di sintesi nelle parole dell’Azimonti: “i contadini aviglianesi, per esempio, stanno imperterriti a zappare sulle serre anche quando tira vento, pioviggina, o fa il nevischio leggero!”.

Se nel 1861 la popolazione di Potenza è per circa il 98% concentrata in città, il rapporto va rapidamente mutando scendendo all’83,67% nel 1881 e al 75,18% nel 1936, quando sparsi nel territorio comunale vivono ormai stabilmente oltre 6.200 abitanti, in prevalenza contadini aviglianesi, i quali nei decenni successivi si sono moltiplicati continuando a conservare il dialetto e le tradizioni della patria di origine.

• Le notizie contenute nella presente scheda sono tratte da F. MANFREDI, Avigliano. Storia urbana, Territorio, Architettura, Arte, Seconda edizione riveduta e ampliata, Avigliano, Politeia Edizioni, 2015, pp. 282, 288, 351.

Franz Manfredi