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PIETRO PACE: UNA PARTECIPAZIONE TRA LE RAGIONI DELL’ARTE E DELL’ARTIGIANATO
 
 
Ora che le luci della ribalta non proiettano più la scena della XVII edizione del Premio Arco, consumata venerdì 25 u.s. nel Chiosco Domenicano del Palazzo Comunale, da cittadino aviglianese, prestato alle lande ruotesi, offro, allo scultore ed ebanista Zì Pietr r Mosca, il mio contributo di gratitudine non privo elementi di oggettività, ringraziando la disponibilità ad accoglierlo da parte di Aviglianonline.eu e di Mimmo Cantalupo, cui va riconosciuta una sensibilità civica, fattiva e sempre collaborativa. È stato un gran bel gesto quello di riconoscere a “Mastro Pietro”, al secolo Pietro Pace, questo premio, che, per quanto mi riguarda, è il riconoscimento del valore addotto dalla sua lunga attività di artigiano spesa, per intero, nella sua piccola bottega in compagnia di tanti suoi allievi, che hanno fatto proprio il suo tratto distintivo fatto di interventi scultorei decisi, sottrattivi della materia ignea per trasformarla in materia d’Arte. Nel tracciare, come da rituale, il profilo umano e professionale del Maestro scultore-ebanista, sono riemerse problematiche che non mi sembrano ancora risolte e cioè: Quale il confine tra “fare artistico” e “fare artigianale”? Tema non del tutto risolto, anche se autorevoli studiosi dell’Arte fanno risalire i suoi primi momenti distintivi nel XVIII secolo. Questi, infatti, recuperano, nel il distinguo, quanto la precedente figura rinascimentale dell’artigiano-artista, rappresenta in termini di grazia, di invenzione e immaginazione, mentre l’artigiano - o artiere -, un lavoratore come qualsiasi altro, si considerava possessore solo di abilità manuale che lavorava seguendo la consuetudine, per guadagnare. Questa domanda di rottura tra arte e artigianato può essere addirittura liberatoria, ma, di fatto, pone alcuni problemi. Se si riconosce solo all’artista la capacità creativa indipendentemente dall’abilità tecnica; se artista è colui che è capace di esprimere se stesso in ogni modo e attraverso ogni mezzo, ecco allora che diventa problematica la definizione dell’arte stessa al punto paradossale e contraddittorio di inquadrare chiunque come artista, magari per convenienza o per limitata conoscenza. Qual è la relazione tra arte e società? Guardando le opere del Maestro Pietro Pace, per la sensibilità che mi è data, rilevo che in esse insiste il “sistema arte” nel quale convivono arte e artigianato. Egli opera ricercando il senso e il fine della bellezza. Si muove con perizia e mestiere, lasciandoci a raccogliere, attraverso il segno della sua dedizione, della sua fatica, il superamento degli stenti. Ci annuncia, sottovoce, di virtù morali profilate nel gesto di molti suoi “oggetti”: testimoni di trascendenza, ma anche di immanenza. Sa bene il Maestro Pietro che la separazione tra arte e artigianato continua ad esistere e non è interessato ad invadere ambiti diversi, ma solo ad offrirci elementi da cui avviare riflessioni più “profonde”. Il processo manuale con cui giunge alla “serialità” esecutiva, a mio modestissimo parere, non credo possa essere considerato orfano di quello intellettivo con il quale egli modella, aggiunge o sottrae alla materia, “creandone” di nuova, fermandosi però un momento prima che si compia la metamorfosi. Non leggo nei suoi lavori nessun’azione deliberatamente configgente col sistema arte, anzi Mastro Pietro è il primo che riconosce un ambito di pratica superiore, in linea con le riflessioni dotte che hanno iniziato a definire nel 1750, l’Aesthetica, con la quale si sancì un’altra separazione tra arte e ragione, lasciando l’arte in un luogo intermedio e confuso. Un ultimo e sentito ringraziamento al Maestro scultore ebanista Pietro Pace, per averci consentito, attraverso le sue opere, di “ragionare” ammortizzando rumori e stridii che protagonisti diversi lasciano provenire da quello stesso luogo in cui egli è stato premiato.
 
inviato il 27/07/2014
da Donato Claps
per la categoria ARTE E CULTURA