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L'ENI PRONTO A DEVASTARE ANCHE L'ADRIATICO. FORTE DELLA COMPLICITÀ CON RENZI IGNORA LE INCHIESTE GIUDIZIARIE IN BASILICATA E NIGERIA E PUR DI FAR PROFITTO TRAVOLGE QUALSIASI OSTACOLO
 
 
L'Eni continua a devastare i territori e a mettere in campo tutte le sue forze e la sua potenza per estrarre petrolio e gas anche in zone a forte rischio che andrebbero salvaguardate sul piano ambientale.

Questa volta il Cane a sei zampe è pronto a colpire il mare Adriatico dove ha ottenuto dal piccolo Montenegro quattro concessioni che interessano un'area di circa 1.200 chilometri quadrati di fronte le coste italiane di Monopoli e Brindisi.

In barba ai rischi ambientali per l'ecosistema marino, alla pesca e al turismo, alla cattiva qualità del petrolio che si dovrebbe estrarre, Eni è riuscito a piegare il piccolo Stato dell'ex Jugoslavia ed ha siglato un accordo di sfruttamento trentennale dei giacimenti in mare insieme alla multinazionale russa Novatek che deterrà il 50 per cento delle concessioni.

Il colosso petrolifero italiano pur di fare affari e di soddisfare gli appetiti dei suoi azionisti, compreso lo Stato italiano che detiene il 30 per cento delle quote, non si ferma davanti a niente e a nessuno.

Grazie alle sue commistioni e alle coperture politiche, ieri di Prodi e Berlusconi e oggi di Renzi, non si è fermato dopo l'inchiesta Trivellopoli sullo scempio delle estrazioni petrolifere in Basilicata e non ha battuto ciglio dopo lo scandalo in Nigeria per il quale sono indagati, tra gli altri, l’amministratore delegato Claudio Descalzi e il predecessore Paolo Scaroni (in ballo c'è una maxi tangente di circa due miliardi di dollari pagata dall’Eni, secondo l’accusa, per aggiudicarsi l’acquisto di un giacimento petrolifero nigeriano).

La sua forza economica, le sue campagne di comunicazione, le sue capacità di persuasione condizionano e travolgono tutti. Ancora di più incidono in piccole realtà come può essere il Montenegro con i suoi 670mila abitanti e una forte crisi economica e sociale.

Il recente via libera alle prospezioni su ben 35mila chilometri quadri, ovvero lungo tutto l’Adriatico italiano, insieme ai progetti di ricerca tra Montenegro e Albania, conferma che la corsa all’oro nero in Adriatico è ripartita.

L'Eni, infatti, vuole confermare la sua posizione in Adriatico, dove è leader dagli Anni 60, e vista la forte concorrenza mondiale accaparra tutto quello che può laddove la politica e le complicità glielo consentono.

Toccherebbe al governo italiano dare l'esempio e produrre un impegno per fermare l’estrazione di idrocarburi nel Mediterraneo, facendosi promotore anche nei confronti degli altri Paesi, ma sappiamo che l'attuale governo Renzi, dopo il varo della legge Sblocca Italia, è d'accordo con l'Eni e non lo farà mai.

 
inviato il 21/09/2016
da Piernicola Pedicini
Portavoce eurodeputato del M5s al Parlamento europeo
Coordinatore della Commissione ambiente e sanità
per la categoria POLITICA