Mica è semplice racimolare le preferenze girando casa per casa, quartiere per quartiere in perenne e instabile concorrenza con rivali e finti amici. A forza di vagabondare, può capitare che, a un incrocio, si imbocchi una strada lastricata di buone intenzioni che conduce direttamente all'inferno del voto di scambio. Che funziona in modo molto semplice: io ti pago e tu segni il mio nome (o quello del mio partito) sulla scheda. E il gioco è fatto.
Viene da credere che il meccanismo del voto di scambio sia un sistema accettato dalla politica italiana al punto che un leader può addirittura permettersi di promettere una cosa e, in cambio di quella sola promessa, chiedere il voto. (ricordate gli 80 euro di Renzi e prima il patto di Berlusconi sull’ICI). La democrazia è esattamente il contrario, perché promettere una sola cosa significa escludere tutti gli altri diritti. E non può più funzionare così.
Tra poche ore saremo chiamati al voto per il rinnovo del consiglio Comunale e per la vecchia politica le elezioni si vincono favore per favore, promessa per promessa. Se televisioni e carta stampata ci abituano - o forse ci distraggono - con un dibattito che sembra giocarsi tra i candidati sindaci, è sul piano locale porta a porta che tutto viene definito attraverso un uso del voto che non rispetta il sillogismo ti scelgo perché condivido il tuo programma. Quanto piuttosto ti voto perché mi hai fatto un favore, perché me lo farai, perché sei in grado di farmelo. E speriamo non poter dire domani “ti voto perché mi paghi per eleggerti”.
Le testimonianze raccolte sulla rete e sui social network sono testimonianze di altre regioni, di altri paesi, esperienze terribili per chi apre la porta di casa. Noi speriamo che quanto segue non accada mai ad Avigliano, che nessun candidato o ri-candidato si permetta di chiedere il voto ai cittadini in cambio di qualcosa.
Fabiana ha rifiutato un lavoro in cambio del voto che avrebbe dovuto dare A Paolo è stato chiesto di sostenere un candidato perché gli fosse confermato il posto. Anna Maria racconta che a Civitavecchia un voto valeva cinquanta euro. Antonio ricorda che nel suo territorio offrivano in cambio del voto di tutto il nucleo familiare, un lavoro al primogenito. Paola racconta che in cambio di un voto hanno dato un contratto a tempo determinato durato pochi mesi. Eva dice che a Scandicci molti ragazzi hanno venduto il voto per una ricarica al cellulare da 50 euro. Serafina rievoca come negli anni Sessanta avevano chiesto a suo nonno (che non ha ceduto) un voto in cambio di un lampione in cortile che, per inciso, sarebbe stato un suo diritto avere. Pino racconta di un meccanismo scoperto dalla Guardia di Finanza: venti euro prima di andare in cabina e venti dopo aver mostrato con il cellulare la foto della scheda completa. Rosalba per voti comunali ha visto regalare buste della spesa, lavatrici, frigo. Maurizio riporta una storia inquietante dall'Abruzzo: sette voti per una Tac urgente. Federica parla di pieni benzina in cambio di voti. Anche a Lipari, informa Matteo, voti venivano comprati a cinquanta euro. Marù, con molto coraggio, racconta che tutta la sua famiglia ha scelto un candidato in cambio di un'occupazione per il fratello. C'è poi chi ha ricevuto la richiesta di un voto in cambio di un mutuo agevolato: niente voto, niente mutuo.
Marianna ricorda che in cambio dell'entrata alla facoltà di Scienze motorie in cui aveva tutti i titoli per accedere, chiesero il voto a lei e a suo padre. Emilia parla di un voto ceduto per un incarico di scrutatore. Angela di voti dati in cambio della promozione dei figli a scuola. Ermanno dalla provincia di Caserta cita voti in cambio di bollette pagate. Sandra ricorda una pratica degli anni Cinquanta "in auge" ancora oggi, distribuzione di pacchi di pasta prima delle elezioni. Simona scrive che in Salento vengono dati voti in cambio di bombole del gas per il riscaldamento. Piperita ricorda a Bari nel 2006 di un voto in cambio di 25 euro e un paio di scarpe da ginnastica. Emanuela ricorda come la zia e la sua famiglia avessero dato il voto a un candidato per un avanzamento nelle liste d'attesa per visite mediche. Antonella la prima assunzione nel 1989 l'ha avuta così, in cambio di un voto. Roberto descrive navette organizzate a Pozzuoli per accompagnare al seggio persone scortate fino alla soglia delle urne, per fare pressione psicologica. Celine da Aosta parla di voto in cambio dello sconto sull'assicurazione. Rossella da Castrovillari scrive che nella sua città un politico ha contattato gli studenti fuori sede per chiedere il voto in cambio di un volo andata e ritorno. Giulia da Padova segnala addirittura che venivano distribuiti grembiuli in cambio di voti. Vincenzo dalla Sicilia riporta un meccanismo secondo cui un voto valeva un buono benzina da 50 euro. Rossana da Colleferro dichiara di aver assistito a una campagna elettorale in cui la minaccia era che se non avesse vinto il candidato di riferimento avrebbero chiuso la scuola calcio. Sergio da Casoria spiega che in cambio del voto era stata promessa l'illuminazione di un quartiere. Ennesimo diritto comprato: prima delle elezioni furono piantati i pali senza lampioni. Dopo aver vinto le elezioni, il politico che l'aveva promesso fece mettere anche le luci. La sostanza, per i candidati e ri-candidati, è la seguente: gli elettori devono rinunciare alla possibilità di esprimere, con il proprio voto, la volontà del cambiamento perché il loro voto è un favore in cambio di un favore. Nessun ri-candidato spiegherà mai in alcun modo le ragioni vere della propria ri-candidatura. Nessun candidato spiegherà mai chi è il suo vero fiancheggiatore.
Il voto che ci apprestiamo a esprimere cadrà in un quadro politico del tutto condizionato da fenomeni "fisiologicamente patologici" e che durano da più di 25 anni. Incideranno moltissimo i voti acquistati con le promesse e le offerte mirabolanti che da più parti giungono, salvo venire disattese subito dopo le elezioni.
È il momento di difendere noi il valore e il senso del nostro voto e del nostro diritto a esprimerlo.
Chi legge non può far finta di nulla.