COSA È STATO FATTO AL COVA AL NETTO DELLA PROPAGANDA DI DESCALZI?

Seppur parzialmente, il nostro invito ad intavolare una discussione sulla riapertura del Centro Oli della Val d‘Agri (COVA) di Viggiano (Potenza) è stato accolto dal Consiglio Regionale. Ne prendiamo atto e ringraziamo il Presidente del Consiglio per averlo inserito come primo punto all’ordine del giorno dell’ultima seduta.

Tecnicismi e regolamenti a parte, ci saremmo aspettati sul punto una sorta di relazione da parte del governo regionale; relazione che gli stessi si sono comunque impegnati a produrre entro 30 giorni.

La riapertura del COVA è avvenuta nel bel mezzo della pausa estiva, lontano dai riflettori mediatici e politici: ma le segnalazioni che provenivano dalla valle erano alquanto preoccupanti. Ritendendo fondamentale approfondire lo stato dell’arte sulle modifiche che ENI ha apportato agli impianti a seguito delle prescrizioni dettate della magistratura nell’ambito dell’inchiesta balzata agli onori delle cronache come Trivellopoli. Ieri è stata l’occasione per riportare l’attenzione politica e far riemergere dei quesiti che non hanno nulla a che vedere con la massiccia propaganda messa in campo da Descalzi nelle ultime settimane. Noi non ci accontentiamo di mere operazioni di marketing territoriale o di inutili paliativi come la newsletter con mittente il cane a sei zampe: vogliamo vederci chiaro.

Possibile che l’ENI abbia realizzato in soli 5 mesi quello che in diversi anni di attività non ha mai sentito l’esigenza di realizzare e solo dopo l’intervento della magistratura? Bastavano soli 9 milioni di euro per adeguare gli impianti? Eppure la stessa Eni affermava che “In sede di sequestro era stato indicato come possibile l’uso dell’impianto a condizione che l’acqua estratta non fosse più reiniettata nel pozzo e fosse altresì modificata la qualifica CER del fluido risultante dal processo produttivo, soluzione che, come già spiegato dalla società, non risultava praticabile dal punto di vista industriale ed era incoerente con il quadro autorizzativo vigente per l’impianto”. Che ruolo hanno avuto gli uffici regionali nelle operazioni di adeguamento del centro? Come si giustifica la presenza di quelle autobotti all’esterno del centro oli utilizzate come deposito temporaneo di rifiuti e che la procura avrebbe ordinato di rimuovere? Nelle dichiarazioni a margine dell’ultima audizione della Commissione Ecomafie, Alessandro Bratti, che qualche mese fa aveva pesantemente stigmatizzato l’operato di A.R.P.A.B., fa emergere un quadro del tutto opposto, tutto votato all’ottimismo: Pittella avrebbe annunciato la firma di alcuni protocolli per ovviare a tutta una serie di carenze dell’ente. La speranza è quella di conoscere quanto prima come e quando si intendano mettere in campo queste azioni e soprattutto se possano esserlo senza che si passi prima dal Consiglio, così come previsto dall’art.13 della l.r. 37/2015 (c.d. riforma A.R.P.A.B.).

Sono solo alcune delle questioni sulle quali pretendiamo un minimo di trasparenza che di certo non si può soddisfare attraverso l’istituzione di un indirizzo email da parte di ENI.

Confidiamo nel lavoro della magistratura e auspichiamo che il processo che sta per cominciare, si svolga nel massimo della serenità. L’augurio è quello di veder quantificati prima possibile i danni causati e che tutti i responsabili paghino, anche economicamente, con un maxi-risarcimento, da utilizzare per avviare una bonifica e una transizione verso un vero sviluppo sostenibile.

14/09/2016 - autore: Gianni Leggieri
Gianni Perrino
M5S Basilicata - Consiglio Regionale
categoria: POLITICA
 
     

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