BRIGANTI QUEGLI EROI CAFONI DELLA LUCANIA POST UNITARIA

Intervista con lo scrittore Vincenzo Labanca, autore di un monologo su Ninco Nanco.

Vincenzo Labanca è nato Rivello, Docente di Estimo alle scuole superiori di professione, personaggio Eclettico, amante delle culture umanistiche con predilezione per gli studi classici, hafondato nel 1996 una Compagnia Teatrale Amatoriale chiamata A.I.D.S. per la quale ha scritto e rappresentato numerose opere. Conosciuto per la trilogia sul brigantaggio con i volumi Un Brigante chiamato Libero, Memorie di Una Brigantessa e L’ultimo Brigante dove narra le vicende della Lucania post- unitaria con gli occhi degli sconfitti, ossia di coloro che furono chiamati “cafoni” o briganti. A lui abbiamo rivolto ad alcune domande.In occasione della manifestazione “A cena con Ninco Nanco” organizzato all’associazione Amici dell’Agrifoglio di Frusci, ha scritto un monologo dando voce proprio al capo banda aviglianese al secolo Giuseppe Nicola Summa di Avigliano, che proprio a Frusci trovò la morte il 13 marzo 1864 per mano della guardia nazionale Nicola Coviello.Questi briganti furono eroi oppure solo dei cafoni armati, masnadieri fuggiti alla macchia?Labanca:Furono degli eroi cafoni, figli della terra, unica ricchezza che conoscevano che la difesero con i denti fino alla morte. Eroi come ce ne sono stati tanti, in ogni parte del mondo dove avviene un’occupazione. Eroi che hanno combattuto come meglio potevano e come sapevano fare contro da un popolo straniero, che parlava una lingua straniera che arrivarono con l’intento di colonizzare l’ex regno delle Due Sicilie. Come mai la storiografia ufficiale ha cercato a tratti di dimenticare a volte di sorvolare su questa che qualcuno definisce una “guerra civile”. Labanca: La Storia ha travisato il periodo del brigantaggio post-unitario perchè la storia la storia la scrivono i vincitori, è sempre stato così e scrivono solamente le loro ragioni. ma agli eredi dei vinti spetta il dovere di recuperare la memoria di coloro che furono sconfitti anche con manifestazioni come questa organizzata dagli Amici del'Agrilfoglio. Nel suo monologo su Ninco Nanco ha recitato una canzone che è definita l’inno dei Briganti, per qualcuno scritta nel 1860 col titolo Libertà che rassomiglia molto alla canzone “Brigante se more” composta da Eugenio Bennato. Molto simili ma differenti perchè nel testo di Libertà la strofa “Nuje cumbattimmo p'u rre BurboneA terra è nostra e non s'adda tuccà” mentre nella versione di moderna è “Nun ce ne fotte d'o re Burbone ” una grandissima differenza sia storica che nel dialetto scritto. Lei che ne pensa? Labanca: Esiste un contenzioso tra Eugenio Bennato e L’Istituto di storia popolare se si tratta una canzone del cantautore napoletano che come sostiene l’ha composta e poi fu la colonna sonora dello sceneggiato televisivo “L’eredità della priora” oppure come sostengo anche io che sia un vero canto del periodo del brigantaggio e cantato in dialetto lucano. Bennato mi addirittura chiamato chiedendomi perchè avessi inserito in un mio libro la sua canzone. Io credo che Bennato abbia reinterpretato e riadattato una vecchia canzone,
25/08/2010 - autore: Leonardo Pisani
fonte: LA NUOVA DEL SUD

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