Un uomo colto e accanto alla gente
“In tutto amare e servire”. E’ il motto di Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù (Gesuiti), che invita a scoprire la presenza del Signore nella propria quotidianità per mettersi al Suo servizio. Don Peppino Stolfi, come papa Francesco, è anche lui un Gesuita con il cuore di un francescano. Nato ad Avigliano il 19 marzo del 1921, svolge gli studi ginnasiali e liceali nel Seminario Regionale di Potenza e di Salerno, per poi laurearsi con il massimo dei voti in teologia nella facoltà Pontificia di Posillipo (Napoli) dei Gesuiti. Grande studioso di teologia e dei processi evolutivi della chiesa cattolica, lo dimostrano i 23 libri che ha scritto ad iniziare nel 1967 con “Un aiuto per i cuori giovani”, per arrivare a scrivere nel 2007 “Osservazioni sulla morale cattolica”. L’ultima fatica del 2009 “Le cinque piaghe della chiesa secondo il Beato Rosmini”. Già nel 1971, insignito dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine “Al Merito della Repubblica Italiana” e, nel 1977, dell’onorificenza di Ufficiale dell’Ordine “Al Merito della Repubblica Italiana”, ieri mattina, nella sala della giunta, con gli onori di casa del sindaco Vito Summa, il Prefetto della Provincia di Potenza, Sua Eccellenza dr. Antonio Nunziante ha consegnato al nostro prete l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine “Al Merito della Repubblica Italiana”, conferitogli con decreto del 2 giugno da Giorgio Napolitano Presidente della Repubblica Italiana. Per pregiarsi della decorazione di terza classe (commendatore) consistente in una croce appesa al nastro con i colori dell’Ordine “Al Merito della Repubblica Italiana” l’insignito se la deve comprare. Tale riconoscimento è per aver acquisito benemerenze verso la Nazione nel campo di attività svolte ai fini sociali, filantropici ed umanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nella carriera di sacerdote e cappellano dell’Istituto Penale Minorile di Potenza e delegato dell’I.P.M. della Basilicata. Don Peppino è un prete educato a pensare come un gesuita ma ha sempre vissuto e continua a vivere come un francescano. Un prete che ha fatto della povertà dei gesti, della vita e dello spirito la sua regola. I Gesuiti, un ordine che ha prodotto la migliore teologia cattolica dell’ultimo secolo, fanno voto d’obbedienza al papa e hanno pagato caro le idee dei loro intellettuali (ridotti al silenzio) come l’attività sociale di don Peppino messa sotto osservazione oltre cinquant’anni fa, tanto da non diventare mai parroco della diocesi di Avigliano perché ritenuto prete “scomodo”. L’appartenenza alla Compagnia di Gesù ha plasmato sia la sua vita di prete, indirizzandola nella direzione dell’insegnamento e della missione, sia il suo impegno di pastore, fermo sui principi e cauto nella gestione quotidiana. Un uomo colto nella sua terra, identificatosi con la sua gente. Questa nuova onorificenza gli rende giustizia. Non tutti sanno che don Peppino è stato il mio professore di religione alle scuole elementari e medie e non tutti sanno che è stato il mio compare di cresima e il prete che ha celebrato il mio matrimonio. Soleva ripetermi nelle tante dispute politiche che “un comunista può fare entrare Cristo nella vita, e ciò non costituisce perdita ma guadagno”, e che “la povertà non è semplicemente un problema sociale ma una sfida alla visione spirituale della chiesa e una fonte d’ispirazione teologica”. Il nostro obiettivo è far convivere, fianco a fianco, nello stesso quartiere e nello stesso palazzo, ricco e povero, signore e plebeo e questa vicinanza urbanistica deve costituire un propellente capace di sprigionare quella carica di energia vitale necessaria al cambiamento. Purtroppo, nonostante l’aiuto di Dio, si continua a vivere costretti in un opprimente presente, senza saper ipotizzare un decente futuro. Questo è il Commentatore don Peppino Stolfi. |
04/09/2013 - autore: Enzo Claps |
fonte: LA NUOVA DEL SUD |