“Il furbo è sempre in un posto che si è meritato non per le sue capacità, ma per la sua abilità a fingere di averle.”
Se Fantozzi leggesse l’intervista del giornalista Michelangelo Russo de La Nuova del Sud a Gianni Rosa di FdL più An più Officina Basilicata, salterebbe sulla sedia, e prenderebbe la solita, mostruosa, craniata. Dopo anni di umilianti inchini di fronte a cognomi preceduti da «dott.» e «ing.», o più siderali «comm.», «cav.», «prof», oggi avrebbe la sua piccola rivincita: il suo titolo di «rag.» è il più richiesto dalla politica regionale, che è, come dire, la megagalassia del politichese incarnata dal ragionier Rosa che si vanta di somigliare tanto a Vincenzo Folino. L'etica del ragioniere Gianni Rosa contro le ragioni della politica del dottore Marcello Pittella. Mi sa tanto che la “partita doppia” della politica è stata inventata dal ragioniere Rosa, una persona che ha badato bene di sapersi muovere, affinché solo lui, con destro abile, rimanesse a galla. Consigliere, prima di giudicare professori universitari e alti dirigenti, dovresti camminare per almeno due lune nelle loro scarpe. Purtroppo tu sei abituato a giudicare gli altri, non dalle prove che non hai il tempo di ricercare, e per questo ti affidi alle apparenze di comodo, come, del resto, avviene verso la tua persona: basterà poco a passare per una perla, e pochissimo per un briccone, quando i tuoi amici del momento si renderanno conto in quale gioco sei molto abile. Il ragioniere è considerato, da ogni leader politico superiore e dai suoi colleghi consiglieri stessi, lo spacca-balle numero uno di tutta la politica. Egli, bramoso di precisione ed ordine, mira a fare in modo che tutto quadri. E questo lo porta inevitabilmente a cercare di imbrigliare il comportamento di chi gli è attorno che, invece, non solo vive in un mondo spensierato senza lacci e laccioli, ma al primo problema di carattere fiscale tenta invano di nascondere tutto e fa finta di niente, arrivando spesso a negare persino l'evidenza. A buon intenditore poche parole. Se è vero che, per rendere giustizia, occorre parlare, argomentare, provare, testimoniare, ascoltare e decidere, è anche vero che, a tal fine, è necessario anzitutto trovarsi nella condizione di giudicare. Tale è la funzione del rituale giudiziario: delimitare uno spazio tangibile, che ponga un argine all'indignazione morale e alle passioni pubbliche; assicurare al dibattimento il giusto tempo; fissare le regole del gioco; convenire su un obiettivo e istituire gli attori. Finora ti è andato tutto bene. Per quanto tempo durerà? Aspettiamo le candidature promesse a sindaco di Potenza dei tuoi porta acqua, per continuare a godere della tua abilità.
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08/01/2014 - autore: Enzo Claps |
fonte: AVIGLIANONLINE.EU |