IL CANNONE SOLITARIO NELLA VILLA

AVIGLIANO La memoria della prima guerra mondiale affidata a un restauro. Tra lettere storiche e l’arma da recuperare, un ricordo locale del conflitto.

"Da quattro mesi niente campane, solo il rombo del cannone. (…) Voi non dovete credere che tutta la Patria si limita alla sola nostra famiglia, ma la Patria nostra, quella che è chiamata a combattere, è grande e più grande noi la faremo. Noi siamo sempre allegri e quando non siamo disturbati dal nemico facimo a pallittile di neve come se fossimo nella piazza del Casale.” Così scriveva alla madre e alla figlia, quasi 100 anni addietro, D’Andrea Francescantonio, umile contadino aviglianese, caporal maggiore nella Grande Guerra. E annotava in un’altra lettera: “ Se domani dovreste sapere che sono morto, non dovete piangere, perché sono morto per la Patria (…)” E Leonardo Coviello, soldato del glorioso 29° Battaglione, rivolgendosi, in una missiva, all’amato genitore, gli descriveva la sua vita al fronte: “Caro padre vi vorrei un po’ nascosto per farti vedere la vita che facciamo. Si sta sempre allegro, sempre candando, la moneta non manca mai adesso abbiamo 50 centesimi al giorno, la sera andiamo sempre a mangiare e a candare e si fa sempre viva Trieste, viva l’Italia viva il re (…).” In questa guerra gli aviglianesi diedero prove di grande attaccamento verso la Patria. Con un alto senso del dovere, molti si sacrificarono, e il tutto è testimoniato dal lungo elenco di nomi sulle lapidi commemorative. Oggi, ad Avigliano, nel ricordo della 1° Guerra Mondiale, sono rimasti il cannone di medio calibro e il monumento ai caduti con il larghetto delle lapidi, custoditi nella villa comunale. Ma, a dispetto della storia, da qualche anno, è stato depennato “Viale della Vittoria” in favore di “Vincenzo Verrastro”. Vedere Luciano, il volontario solitario, alle prese con la ristrutturazione del cannone, da tempo fatiscente e maltenuto, prossimo a riprendere il suo vecchio splendore, ci pone una domanda: qual è la percezione del nostro passato storico, cioè di quella porzione di passato, che non possiamo ricordare direttamente perché non eravamo ancora nati, e lo conosciamo, solo, attraverso i racconti dei nostri nonni, che realmente vi presero parte? Che cosa sappiamo della loro giovinezza? E’ possibile riaprire un dibattito fra la loro vita e la nostra? Se ci riuscissimo, questo racconto avrebbe la capacità di risvegliare interesse e curiosità, e di sollevare, con delicatezza, domande sugli eventi terribili che le guerre nascondono. E, forse, sapremo la vera storia del cannone e del primo colpo esploso sul campo di battaglia, segnando l’inizio di una guerra, a cui, d’allora, sono seguite tante altre, inutili e “disumane”. In fondo, “solo i morti hanno visto la fine della guerra”.
24/04/2014 - autore: Enzo Claps
fonte: IL QUOTIDIANO DELLA BASILICATA

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