Ecco il problema della vita: è così facile da perdere, facile da distruggere
Due parole con la morte al tempo del web 2.0:“Quando la morte mi chiamerà forse qualcuno protesterà …..questo ricordo non vi consoli quando si muore si muore soli.”. Così Fabrizio de André nel brano “il testamento” ricorda ironicamente la morte. È così che ti frega la vita, ti prende quando la tua anima è addormentata dentro a ciò che abbiamo di più intimo e caro, il nostro corpo e non conosce età. Quando la morte ti sopraggiunge ciascuno è comunque solo per quanto possa essere legato alla propria famiglia, per quanti fratelli e sorelle possa avere, per quanti cari e veri amici possieda perché la vita continua. La nostra ombra ci ha accompagnato attraverso l’intera vita prima di morire. Non dovevamo portarla con noi, né preoccuparci che ci fosse o non ci fosse: c’era, automaticamente. Ma alla fine persino la nostra ombra che ci ha accompagnato fino a un attimo prima di morire, non ci accompagnerà in punto di morte. Oggi il coccodrillo giornalistico corre sul web senza sapere che «Quando si muore si muore soli». Invece oggi quando si muore si muore social. E nessuno di noi – a meno di formidabili menzogne – può dirsi estraneo a questo archetipo: l’attaccamento simulato - il cicaleccio collettivo sulla morte di tizio dando così vita al cosiddetto attaccamento simulato. Atteggiamento virale che unisce il pregio di manifestare la presa di vicinanza all’evento a quello, parlandone per sentito dire, di farne comunque parte di quelle persone che sanno ancora prima i fatti della tragica morte. Purtroppo queste azioni si fondono sull’illusione di avere qualcosa da dire prima e più degli altri così da lasciare un segno di passaggio nel mondo del web indispensabile per affermare la propria esistenza. Al momento della morte “che altro puoi mai dire di trovarsi in una tomba amara?” per questo forse è meglio stare zitti. |
09/06/2014 - autore: Enzo Claps |
fonte: AVIGLIANONLINE.EU |