DIALETTI LUCANI E LE PECULIARITÀ DELL'AVIGLIANESE: INTERVISTA CON LA PROFESSORESSA PATRIZIA DEL PUENTE

Il dialetto di Avigliano ha una veste molto particolare perché a differenza dei dialetti completamente gallo-italici mostra una forte convivenza tra tratti gallo-italici e meridionali spia significativa di una coabitazione pacifica tra popolazioni

Il Maggio dei Libri ad Avigliano è stata l’occasione di parlare anche di dialetto lucano e dell’importanza di salvaguardare il vernacolo. Infatti, all’iniziativa organizzata dalle Pro Loco di Lagopesole e di Avigliano è stata invitata un’esperta del settore, la professoressa Patrizia Del Puente dell’Università di Basilicata ordinaria di Glottologia e Linguistica,che oltre ad essere una stimatissima docente, ha il grandissimo merito di aver condotto il più approfondito studio sulla ricchezza linguistica dei dialetti lucani con il progetto Alba, ossia L’atlante linguistico di Basilicata. Un progetto in itinere che per la sua complessità e profondità delle ricerche svolte possiamo definire Titanico proprio come il mitico Atlante. Uno studio che va oltre l’ambito linguistico ma che rappresenta una pietra miliare per la valorizzazione dell’identità lucana poiché il dialetto anzi i dialetti sono la memoria di un popolo e rappresentano la storia e la cultura più profonda nella quale una popolazione si riconosce. Ora qualche nota biografica sulla professoressa Del Punte: Comandata presso l’Università di Salerno, ha ottenuto negli anni 1998/’99, 1999/’00, 2000/’01 docenze a contratto presso la cattedra di Filologia Romanza della Facoltà di Lingue della medesima Università; in tale veste ha svolto corsi di dialettologia e linguistica romanza che includevano il commento linguistico di testi provenzali, italiani, francesi, castigliani e portoghesi antichi.
Nel 2001 ha vinto il concorso a professore associato per il settore Glottologia e Linguistica generale e dal 2002 insegna Linguistica generale presso l’Università degli Studi della Basilicata. Era nel direttivo e ha insegnato nel Master per “Operatore linguistico e culturale di area arbëreshe”. Attualmente è stata dal 2003 al 2009 coordinatrice dello Sportello regionale linguistico di area arbëreshe. È stata coordinatrice e docente nell’ambito del “Corso di perfezionamento in didattica dell’italiano come L2”. È vice-direttore dei Corsi per Stranieri tenuti dal Dipartimento di Linguistica dell’Università di Pisa e coordinatore didattico.
Il campo di studi della prof. Del Puente ha riguardato inizialmente i dialetti albanesi dell’Italia meridionale considerati in prospettiva sociolinguistica e interlinguistica; successivamente si è spostato ai dialetti dell’Italia meridionale di cui si sono studiati diversi fenomeni riconsiderandoli nel quadro della riflessione teorica contemporanea (teoria dei prototipi; morfologia “naturale”; interlinguistica, ecc.).
Inoltre l’accademica ha redatto una monografia sui dialetti campani in collaborazione col prof. F. Fanciullo dell’Università di Pisa e sta redigendo una monografia sul dialetto albanese di S. Marzano di Puglia studiando i fenomeni caratteristici della morte di una lingua.
Ha condotto numerose indagini sul campo; alcune di queste hanno portato ad individuare un’area di insediamenti gallo-italici fino ad ora ignorata.
Ha creato e coordina il progetto di ricerca A.L.Ba. dal 2007(Atlante Linguistico della Basilicata) che ha portato alla pubblicazione del I volume dell’Atlante nel 2009 e del II volume nel 2010, il III volume è in corso di stampa. Sta conducendo studi sulla diffusione del vocalismo siciliano in Campania e Basilicata e ha già prodotto a riguardo diversi lavori presentati a convegni internazionali e pubblicati su riviste internazionali di dialettologia.
Ha pubblicato una monografia sul dialetto di Grumento Nova e diversi contributi sui dialetti lucani sulle principali riviste di dialettologia. Ha in corso altri lavori riguardanti i vocalismi tonici della Basilicata. Inoltre ha organizzato tre convegni internazionali negli ultimi sei anni di cui sono già stati pubblicati gli atti a sua cura.Da due anni ha vinto l’abilitazione nazionale a professore ordinario.
Dall’iniziativa avvenuta a Lagopesole è scaturita anche un’ intervista con la accademica salernitana ma ormai di adozione lucana sul progetto Alba e sull’importanza di preservare “la lingua dialettale”,ed anche sulle delle caratteristiche dell’aviglianese.
Professoressa Del Puente, come è nata l’idea del progetto Alba?
E’ nato dalla consapevolezza che le lingue lucane avevano molto da raccontare e che ciò che si conosceva di loro era solo la punta di un iceberg. La situazione linguistica lucana per varietà e complessità è una miniera a cielo aperto e non poteva essere ignorata. Veramente una ricchezza indescrivibile.
Nel corso delle sue ricerche sul campo quali novità sono emerse rispetto agli studi di Gerhard Rohlfs e di Lausberg, per citare alcuni studiosi che si sono occupati del lucano?
Dobbiamo prima chiarire un fatto: gli strumenti che abbiamo noi oggi per effettuare le ricerche dialettali non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelli che avevano gli studiosi della prima metà del secolo scorso. Noi ci muoviamo in macchina loro si muovevano a dorso di mulo. Detto ciò bisogna dire che i dati dell’A.L.Ba. rivoluzionano molte delle interpretazioni che erano state avanzate in passato sui dialetti lucani. Ma sarebbe difficile in poche battute spiegare tutte le novità che stanno emergendo. Sono davvero tante e sorprendenti.
Il dialetto sta cambiando nei corsi dei secoli, per caso sta perdendo la sua genuinità?
Tutte le lingue evolvono è nella loro natura e non possiamo cambiare questo corso. Pero è diverso quando una lingua evolve e quando invece una lingua, culturalmente stigmatizzata come nel caso dei dialetti, muore per una opposizione culturale. Infatti il pericolo è che i dialetti non mutino in una naturale evoluzione, ma vengano abbandonati per una cattiva interpretazione dei fatti, la loro salvaguardia secondo alcuni danneggerebbe la vera lingua, quella “colta” insomma l’italiano. Abbiamo assistito, insomma, ad una vera e propria opposizione sociale e culturale contro i dialetti considerati erroneamente come lingua bassa, lingua degli ignoranti. Il dialetto a tutti gli effetti è una lingua, d’altro canto non si deve dimenticare che l’italiano altro non è che l’evoluzione di un dialetto, quello fiorentino. Oggi per fortuna si assiste ad una riscoperta delle lingue locali e ad una loro valorizzazione.
Negli ultimi anni c’è molta attenzione verso il vernacolo anche grazie al web, è cosi?
Grazie al web ma prima ancora grazie all’Unesco che si è fatto promotore di una campagna di prevenzione, salvaguardia e attenzione verso le lingue del mondo. Ogni giorno muoiono 3 lingue. L’Unesco ha messo in risalto il fatto che le lingue sono un bene dell’umanità perché raccolgono la storia di un intero popolo, sono la cultura , la storia e l’identità di un intero popolo e sono un bene culturale immateriale dell’umanità.
Parliamo di dialetto aviglianese che particolarità presenta?
Il dialetto di Avigliano ha una veste molto particolare perché a differenza dei dialetti completamente gallo-italici mostra una forte convivenza tra tratti gallo-italici e meridionali che sono la spia significativa di una coabitazione pacifica tra realtà completamente differenti: quest’area ha visto la presenza di genti settentrionali che vivevano direi alla pari con i residenti locali. Quindi una situazione molto particolare.
Avigliano anzi la zona dell’aviglianese è particolare, vi sono presenze di tutte le varie culture e dominazioni nel corso della storia, dagli oscolucani ai romani, bizantini, longobardi, normanni ecc ecc. Per esempio i baffi Mustazz derivano dal normanno moustacche Inoltre nella area della “nazione Aviglianese” vi è la presenza di una città osco lucana chiamata “la città del Duca” vicino al monte Torretta. Vi è nell’aviglianese ancora qualche traccia dell’osco e del longobardo?
Troviamo in aviglianese sicuramente delle parole di lingua osca elementi che non sappiamo se di diretta origine osca, come [attruf«] “ottobre”o derivati dal latino che aveva subito, in quest’area, l’influenza osca. D’altro canto è noto il ritrovamento di iscrizioni molto importanti in questa area, iscrizioni che usavano o l’alfabeto greco o quello latino ma di lingua osca . Parole di origine longobarda sono varie, sicuramente quelle che presentano in principio di parola la semiconsonante /w/, /gw/ del latino.
Lei ha trovato qualche differenza tra i vari “dialetti aviglianesi” cioè quello di Avigliano città e Filiano, quelli parlati nell’area linguistica dove è diffuso come Potenza, Ruoti, Bella, Pietragalla, Forenza, Atella, Rionero in Vulture, San Fele eccetera , oppure anche i lemmi utilizzati nelle zone rurali piuttosto a quelli di centri più abitati che presentano differenze economiche e produttive.?
Il dialetto di Avigliano è il dialetto di Avigliano e la sua diffusione è dovuta alla diaspora degli aviglianesi che non rinunciano mai alle loro tradizioni e alla loro lingua, ma parlare di lingua aviglianese a Potenza o a Rionero come se fosse in questi luoghi originaria non mi sembra corretto. Certo differenze nel dialetto si rilevano anche tra gli stessi quartieri aviglianesi per i quali si registra una maggiore conservatività in periferia e maggiore innovazione nelle aree più centrali”
20/06/2014 - autore: Leonardo Pisani
fonte: GIORNALELUCANO.COM

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