LA NOTTE DI NINCO NANCO, RIVIVE LA LEGGENDA DEL CAPO BRIGANTE IN UN CINESPETTACOLO

A Frusci, dove fu ucciso il 13 marzo 1863: due versioni contrastanti sulla sua morte

Nei pressi di Frusci di Avigliano, tra boschi e verde in un bel borgo sulle pendici del Carmine trovo la morte il Capo brigante Ninco Nanco, e proprio lì La sua vicenda tra arte e musica, storia e fantasia, recitazione e rievocazione viene ricordata ne “La Notte di Ninco Nanco” organizzato dall’associazione”Amici dell’Agrifoglio” che si terrà venerdì 8 agosto alle ore 20,30.
Il cinespettacolo questo anno presenterà novità rispetto alle scorse edizioni e porta la firma e la sceneggiatura dell’eclettica Mara Sabia, poetessa vincitrice di molti concorsi nazionale ed attrice, che con la sua regia porterà lo spettatore in un viaggio a ritroso negli anni del brigantaggio tra accadimenti avvenuti e ricordi leggendari che ancora girano nell’aviglianese di generazione in generazione. Un evento da non perdere per chi ama la nostra storia e per chi ama lo spettacolo, specie in una cornice caratteristica come l’antico borgo di Frusci, che ancora conserva quell’immagine di genuinità della nostra cultura popolare lucana. Lo spettacolo ideato da Mara Sabia avrà anche la voce di un giovane attore emergente Dino Lopardo di Brienza; diplomato all'Accademia del teatro Guirinetta di Roma diretta da Alvaro Piccardi. Lopardo ha studiato con Gabriele Lavia e Gigi proietti; Tra gli altri é stato diretto sulla scena da: Gabriele Lavia, Rosa Masciopinto, Lucia di Cosmo, Carlotta Vitale e Dino Santoro. Attualmente é in tournèe diretto da Alvaro Piccardi con il il Miles Gloriosus di Plauto.
Quindi a Frusci Ninco Nanco sarà ancora protagonista come lo è nell’immaginario popolare della natia Avigliano e dei lucani, figura controversa tra luci ed ombre:pregiudicato ma allo stesso tempo valente stratega tanto da battere per anni gli eserciti savoiardi ed i bersaglieri. Sono nate anche storie infondate come l’episodio della testa mozzata ed appesa all’Arco della Piazza Gianturco. Nato nel quartiere Poggio il 12 aprile 1833, Giuseppe Nicola Summa, alias Ninco Nanco, soprannome col quale era conosciuta la famiglia paterna, di famiglia umile aveva uno zio materno , Giuseppe Nicola Coviello, famoso bandito, chiamato Cola Ars perché morí bruciato in una capanna di paglia dove si era nascosto inseguito dalle forze dell’ordine, mentre uno zio paterno dopo aver scontato dieci anni di reclusione per aver schiaffeggiato un gendarme borbonico, uccise, per una questione di gioco, un cittadino e per questo fu costretto a fuggire in Puglia.
Ninco Nanco a 23 anni fu assalito e pugnalato da cinque individui, non fece i nomi meditando di vendicarsi personalmente: dopo alcuni mesi uccise a colpi di scure uno dei feritori, fu condannato a 10 anni e rinchiuso nel carcere Ponza, da dove evase nell'agosto 1860. Poi il resto è storia dall’incontro con Crocco nel 1861 conquistando prima tutto il Vulture ma senza mai riuscire a prendere la natia Avigliano, poi gran parte del nord Basilicata fino all'avellinese e il foggiano. Da ricordare la battaglia di Acinello, il 10 novembre 1861comandando la cavalleria dei briganti e dimostrando la sua padronanza in campo bellico costrinse alla ritirata le Guardie Nazionali 10 novembre 1861 permettendo la vittoria di Carmine Crocco e Josè Borjes contro le truppe regolari del Regio esercito comandato dal capitano Icilio Pelizza.
Ma rimane sempre “strana storia” quella del brigante Ninco Nanco, fedele braccio destro del Generale Carmine Crocco,. La sua leggenda che ancora rivive nella sua Avigliano; osannato o dileggiato, condannato dalla storia oppure ultimamente rivalutato nelle sue ombre e luci. Di certo rimane ancora famoso, anzi famosissimo: la sua immagine da morto - assieme a false fotografie - gira sui siti internet, Eugenio Bennato gli ha dedicato una canzone con dei passaggi eloquenti: “e Ninco Nanco deve morire perché si campa putesse parlare
e si parlasse putesse dire qualcosa di meridionale”. Già Giuseppe Nicola Summa detto Ninco Nanco. Ancora si raccontano leggende ed aneddoti tramandati oralmente da generazioni, ognuna diversa da luogo a luogo; criminale o gran stratega? Sanguinario da strappare il cuore alle sue vittime assieme alla Maria Lucia Di Nella di Pisticci (nota come Maria 'a Pastora)oppure generoso combattente che lascia liberi dei bersaglieri perché avevano combattuto con coraggio? Chissà, resta il fatto che rimane un personaggio di che Grande Brigantaggio dell’Italia Post Unitaria. Anche la sua morte avvenuta morte il 13 marzo 1863, lascia dubbi: l’episodio è raccontato in un verbale dei Reali Carabinieri firmato da dal maresciallo Francesco Rebora e dai militari Tobia Segoni, Gaetano Salandri e Giuseppe Grimaldi. Cosi il verbale"Nel giorno 13 nell’entrare reduci dal Castello ed avendo scoperto al punto detto "Croce Angelone” nella vicinanza di Frusci una quindicina di individui metà a cavallo e il resto a piedi che, transitando, per la masseria ‘Miracolo e Casone di Corbo’, si dirigevano verso l’anzidetta pagliaia ‘Glitimosca’ sita lungo la strada che conduce al Lago, vi fu poca dimora nel discernere se quella a vista fossero briganti o Guardia nazionale in perlustrazione, ma perchè prevalse l’idea che fossero malviventi, di comune concerto si ordinò l’assalto. Dopo un miglio e mezzo dì corsa a rompicollo, finalmente ci siamo accorti che un distaccamento di Guardia nazionale, capitanata dal signor Corbo e unito al signor Giudice di questo mandamento e Delegato di P.S. circondava la mentovata pagliaia col gridar Corbo: “Carabinieri avanti”. Nella capanna vi era Nicola Lorusso alias Carciuso di Avigliano, “il quale uscendo dalla pagliaia colle espressioni: noi vogliamo la pace! fu ricevuto dal carabiniere Segoni, da Pace don Donato e Bochicchio Nicola, i quali custodivano l’interno della porta”. Poi uscì lui e -come scrive Bianchi nella biografia del brigante - disse “E’ nun so’ Ninche Nanche , è so nu carvuniere” - non sono Ninco Nanco, sono un carbonaio-; Giuseppe Nicola Summa fu freddato da un colpo di fucile da Nicola Coviello detto r Scuma, ufficialmente per vendicare la morte del cognato Vito Nicola Rosa, più probabilmente per impedire al Summa di rivelare gli intrecci tra il brigantaggio ed in notabilato locale. Insomma Ninco Nanco doveva morire, come canta Eugenio bennato. Vi fu, infatti, una polemica con due versioni sulla morte del brigante, quella di Don Benedetto Corbo che sosteneva che Ninco Nanco fu l’ultimo a uscire, ma con le armi in mano pronta a tentare qualche reazione e quindi il caporale della Guardia Nazionale Nicola Coviello lo uccise per impedire qualche “brutalità” e la versione del capitano delle G.N. di Montemurro Giovanni Padula anche egli presente che sosteneva che Summa uscì disarmato e nella confusione Nicola Coviello “agente di Corbo” da costui mandato, si avvicinò e lo sparò alla gola con un fucile. La faccenda fu chiusa dal Generale Pallavicino che ad Avigliano il 14 marzo interrogò il Coviello, escluse l’omicidio su mandato di Corbo alla fine elogiò il comportamento delle Guardie e dello stesso Corbo. Di Ninco Nanco restano poche foto: la prima appena ucciso, le altre ad Avigliano secondo la barbara usanza delle foto di guerra dopo e essere stato ripulito, lavato e messo in falsa posizione di combattimento.
Chiudiamo con il ricordo di Crocco su Ninco Nanco: “... Non conosco in che anno egli nacque, ma era più giovine di me, in età di circa 15 anni resto senza padre, e senza madre, in uno solo giorno, egli era il pri­mo Genito d'altri 4 figlio, tre femine ed uno maschio, po­vero senza veruno bene di sorte alcune, abbracciò la cro­cia da padre di famiglia, e crebbe in remediabile stato, le sue Germane, ed il piccolo fratello a cui non fece manca­re mai la Carchiòla nè gli feci esporre alla carità del prossimo (come capitai io). Suo padre prima di morire aveva costruito da se una Capanna di legnami sassi e pa­glia, dessa era nel basso della montagna del Carmine, do­ve la neva cresce i 5 a sei metri, e dura qualche paio di mesi dell'anno. Gennaio febraio. Qui dunque poggiato ad un macigno di granito il povero uomo si era accovac­chiato colla sua famiglia, qui mori colla moglie, coltivava quanta terra poteva essendo robba cumunale, ed essendo di poco preggio, pagava poca pigione, morto che fu Giu­seppe Nicola continuo nel retaggio paterno fatigava not­to e giorno nella buona stagiona, raccoglieva la ricolta si faceva la provista di tutto fine le legna, e quando cadeva il crudo inverno di lui si burlava, in tal modo si fece uomo lui ed i suoi, arrivate da marito la sorella nata presso di lui gli rimedio pochi cenci, e la maritò, dopo maritò l'altra colla medesima dota di 5 tomoli di grano turco, quin­di prese moglie lui senza ne anche lagonella, essendo una povaretta del tutto infelice” e Poi “ quest'uomo fra le brutalità, scorgerà fatti piacevoli di Ge­nerosita, per esempio dopo avere trucidato 21 Cavallegie­ri, perdonava un Luogotenente, ed un sergente e sei sol­dati, solo perche si erano bene defesi. Altra volta avendo macellato una intiera compagnia di Guardia mobilizata, Lasciava poi la vita al fratello di cului che l'aveva fatto dare quel passo di perdizione, Dicendogli va dalla tua pove­ra Madre, non voglio che piange più quella donna, per causa di voi miserabile ozziosi vagabondi, e lo lasciava vi­vere, da stupire tutto la città cui conoscevano le brutalita di quel forsennato da Lupinare, e spia mercenaria... Aggiungete che mai tolse la vita ad un sodato preso preggionìero, ed avrete L'uomo terribile solo per la propria defe­sa, per la quale cosa godeva nei tanti rami di forza pub­blica, una stima particolare, causa che tante volte era scansate e se volete qualche volta venia avìsate dalla forza medesima”.
07/08/2014 - autore: Leonardo Pisani
fonte: GIORNALELUCANO.COM

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