NUOVE TRACCE DI DNA PER L’OMICIDIO DEL 1994

La pensionata Annamaria Mecca fu massacrata a coltellate

AVIGLIANO (POTENZA). Su una tenda di plastica c’era una traccia di sangue che all’epoca fu ignorata. Esattamente 20 anni dopo i carabinieri del Ris sono riusciti a estrarre un profilo genetico maschile che, secondo gli investigatori, con molta probabilità appartiene a chi ha ucciso Annamaria Mecca, la pensionata 72enne assassinata con undici coltellate nella sua abitazione di via Cairoli ad Avigliano il 22 ottobre del 1994. Il caso è rimasto per anni in archivio. Ma le nuove tecniche genetico- forensi hanno permesso ai carabinieri di ricontrollare i reperti e ottenere dai laboratori del Ris un risultato sorprendente: quella traccia di sangue presente sulla tenda di plastica che era sistemata a ridosso della porta dell’abitazione della vittima conteneva un profilo genetico maschile. Ora i carabinieri dell’aliquota di polizia giudiziaria di Potenza e quelli della stazione di Avigliano dovranno comparare il Dna ottenuto con quello dei potenziali sospettati. L’aspetto dell’inchiesta che al momento appare più complicato è individuare chi poteva avere un movente. La pensionata non possedeva gioielli né oro e i pochi risparmi li aveva depositati su alcuni libretti postali. Dall’abitazione - accertarono all’epoca i carabinieri - non mancava nulla di rilevante. Una radiosveglia è l’unico oggetto che i parenti non riuscirono a trovare a casa. Ma pensare che qualcuno abbia commesso un omicidio con diverse coltellate per portare via a un’anziana una radiosveglia apparve subito invero simile. Nel mirino degli investigatori finì anche Ben Mohamed Ezzedine Sebai - il tunisino che confessò di aver ucciso 14 anziane in Puglia tra il 1995 e il 1997 e che si è tolto la vita due anni fa nel carcere di Padova - ma anche quella pista finì subito su un binario morto. Poco dopo l’omicidio arrivò una telefonata anonima. «Risposi io», confermò Carmela Mecca, la nipote che il giorno della tragedia fece la macabra scoperta (trovò la zia in una pozza di sangue) e chiamò i soccorsi. L’anonimo suggeriva di indagare su un vedovo del paese. Gli investigatori fecero qualche domanda in giro ed esclusero la pista. Ma i tabulati telefonici della signora Carmela non furono mai richiesti. E così non sarà più possibile risalire all’au - tore di quella telefonata. Qualche possibilità, invece, potrebbe esserci ancora per le impronte telefoniche sul telefono che c’era a casa della vittima. «Quel giorno - secondo la testimone - risultava occupato». «Arrivata lì - sostiene la donna - mi accorsi che era fuori posto». Carmela pensò che la zia avesse avuto un malore e da quel telefono - emerge dagli atti dell’inchiesta - chiamò sua cognata. Ma chi, oltre a lei, toccò quel telefono? Chi lo lasciò fuori posto? È da questi interrogativi e dal profilo genetico che, dopo 20 anni, riparte l’inchiesta.
22/10/2014 - autore: Fabio Amendolara - Sandra Guglielmi
fonte: LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

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