Tutti discutono dell’art. 38, ma stiamo attenti al capestro 35
Da un articolo di Jacopo Giliberto sul Sole 24 Ore, si legge: “Se rinunci al tuo giacimento per sfruttare quello degli altri non sei ecologista, sei NIMBY. Se poi al metano che tra le fonti fossili è quello con le minori emissioni di CO2 preferisci bruciare derivati del petrolio importati via nave, sei decisamente poco sostenibile. E’ quanto accade in Sardegna che sceglie di “rinunciare al suo metano conservato in miliardi di metri cubi nelle profondità dell’isola, privarsi delle succose royalties e importare Gpl petrolifero”. Accertato che la Basilicata ha già dato in termini di suoli per l’estrazione del petrolio e ha ricevuto dalle royalties 4 spiccioli e con scarsa ricaduta in termini di lavoro sul territorio, è giusto che ci si batti contro le perforazioni perché vietare un pozzo di esplorazione è un atto di difesa ambientale. Dopo aver scritto e letto tanto e il suo contrario, aspettando l’evolversi dei fatti sull’ormai famoso articolo 38, pur rimanendo sul tema naturalistico, sposto l’attenzione sullo scellerato art 35 dello stesso decreto legge 133/2014 (sblocca Italia), che in termini di pericoli ambientali è alla pari dell’art. 38, stranamente passato inosservato tanto che nessun ecologista ha chiesto che fosse impugnato. La disciplina giuridica tra regole e prassi prevede:“Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato e integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilità dei rifiuti nonché per il recupero dei beni in polietilene”. Ovvero, disposizioni tese a favorire l'autorizzazione e la costruzione degli impianti di termo trattamento di rifiuti (inceneritori). È quanto prevede l'articolo 35 del decreto legge 133/2014 che introduce un complesso di norme volte a ridefinire sia l'inquadramento giuridico di tali impianti sia la procedura per la loro autorizzazione. Il che, detto terra terra, autorizza lo smaltimento dei rifiuti prodotti sul territorio nazionale in tutti gli impianti, fino a completa saturazione della loro potenzialità. Pensate all’inceneritore la Fenice di Melfi. Come direbbe Lubrano le domande nascono spontanee e io le rivolgo ai “Bastian contrario” che sono i nuovi eco-dem: “alla luce di questo articolo, qualcuno continuerà ancora a fare la fatica di differenziare sapendo che il suo sforzo non porterà a nessun miglioramento per l’ambiente e la salute? Che senso ha fare la raccolta differenziata se poi l’inceneritore non verrà chiuso e sarà potenziato per continuare a bruciare anche i rifiuti indifferenziati di altri territori extra regionali maggiormente gravati dal carico di rifiuti? Vi chiedo prima di concludere in modo lapidario e appiattirvi solo sull’articolo 38: “perché non chiedete anche la cancellazione dell’articolo 35 dello ‘Sblocca Italia’, come gli art.li capestri 36 e 37 (spese fuori dal patto di stabilità) se non proprio tutto il resto del decreto”. Basilicata rischi di diventare la pattumiera dell’Italia e noi lucani i nuovi operatori ecologici.
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16/11/2014 - autore: Enzo Claps |
fonte: LA NUOVA DEL SUD - AVIGLIANONLINE.EU |