IL PARADOSSO ELETTORALE DI AVIGLIANO

IL risultato elettorale di Avigliano offre l’occasione per alcune considerazioni...

IL risultato elettorale di Avigliano offre l’occasione per alcune considerazioni di ordine sistemico sugli effetti perversi della legge elettorale per l’elezione dei sindaci o, perlomeno, di alcune sue concrete applicazioni nei Comuni al di sotto dei quindicimila abitanti. Com’è noto ad Avigliano il Pd ha presentato due liste, con relativi alleati, con due candidati sindaci che hanno totalizzato complessivamente circa il 77,29% dei voti ed una rappresentanza consiliare di quindici consiglieri su sedici. Le liste di opposizione hanno totalizzato, invece, il 22,68% con un solo consigliere eletto assegnato alla lista Avigliano Libera che ha avuto il 12,78% dei voti. Cosicchè il prossimo Consiglio Comunale di Avigliano sarà una sorta di soviet supremo con una opposizione del tutto simbolica ed irrilevante per quanto i quattro consiglieri eletti nella lista dei Progressisti Democratici, capitanata da Mimì Pace, dovrebbero essere ascritti, in via del tutto teorica, alla minoranza consiliare. E qui veniamo al punto. Un tempo quando all’interno di un partito e tra i suoi aderenti si determinavano divergenze insanabili la spaccatura assumeva la forma politica di una scissione. La storia politica del nostro Paese è contrassegnata da scissioni più o meno riuscite, più o meno nobili. Invece ad Avigliano è avvenuto qualcosa di diverso e deteriore. Qui un partito largamente maggioritario, per mere beghe locali , si è scisso elettoralmente ma non politicamente in due liste destinate – sal - vo sorprese - a ricompattarsi dopo il voto in Consiglio Comunale determinando un’artificiosa alterazione e compressione della rappresentanza democratica . In tal modo si è violato lo stesso spirito della legge elettorale comunque a garantire un’adeguata rappresentanza delle minoranze tant’è che ne predetermina i seggi spettanti. Infatti se il PD si fosse presentato con un’unica lista di coalizione avrebbe ugualmente vinto le elezioni ma avrebbe avuto solo gli 11 seggi spettanti al vincitore mentre i restanti cinque seggi sarebbero andati alle minoranze. Il “paradosso elettorale” di Avigliano - che potrebbe essere tranquillamente replicato in altri contesti locali - dovrebbe indurre il legislatore ad una qualche riflessione per impedire simili aberrazioni. Cosa non semplice non potendo una legge elettorale prevedere e disciplinare l’evoluzione delle dinamiche interne ai partiti e proprie della politica. Tuttavia qualcosa si potrebbe fare. Basterebbe che i partiti la smettessero di essere dei meri comitati elettorali intrisi di personalismo e recuperassero la loro funzione originaria valorizzando il ruolo e la funzione degli Statuti e dei Collegi dei Probiviri. Un organo, quest’ultimo, caduto in desuetudine che dovrebbe essere composto , in tutto o in parte, da soggetti esterni agli stessi per poter assolvere la sua funzione terza e paragiurisdizionale rispetto agli interessi in contesa che sarebbe chiamato a dirimere. Sarà pure vero che i partiti strutturati che abbiamo conosciuto nel secolo scorso sono tramontati per sempre ma è altrettanto vero che la “natura” dei nuovi partiti è tale per cui, in assenza di adeguati correttivi, si corre il serio rischio di degradare ulteriormente la qualità delle nostre istituzioni rappresentative.
06/06/2015 - autore: Andrea Pinto
fonte: IL QUOTIDIANO DEL SUD - EDIZIONE BASILICATA

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