Le assunzioni caldeggiate da politici all’istituto Don Uva
Un «carrozzone» utilizzato, all’occorrenza, per assumere personale su indicazione di politici o sindacalisti. Dal terremoto giudiziario che ha travolto la Casa della Divina Provvidenza per il crac da 500 milioni di euro, emerge l’«etichetta» appiccicata dalla Procura di Trani addosso alla sede di Potenza del Don Uva, considerata «sfogatoio» di assunzioni clientelari nel periodo 2007-2011, i cui costi sono a carico del pubblico (la Regione). Nuovo personale «sponsorizzato» che s’incrocia, nel 2013, con il licenziamento da parte dell’ente di 430 dipendenti. Insomma, da una parte si mettevano alla porta lavoratori in esubero e dall’altra si facevano entrare altre persone con «santi in paradiso ». Diciamo subito che nell’istituto del capoluogo lucano non risultano indagati e le uniche lucane coinvolte nell’inchiesta sono due suore che operano a Bisceglie: Angela Maria Sabia (suor Carla), 64 anni, di Avigliano, ed Eleonora Bochicchio(suor Gianna), 76 anni, di Atella. Ma torniamo al nucleo dell’accusa. Secondo i magistrati pugliesi, la Congregazione, nel corso degli anni, «è stata un vero e proprio carrozzone, utilizzato, all’occorrenza, per l’assunzione di personale al solo fine di soddisfare interessi personali e/o di esponenti politici o sindacali; i costi di tali assunzioni clientelari hanno gravato, e tuttora gravano, sui bilanci dell’ente e, indirettamente, sulle casse dell’erario, nei cui confronti la società risulta debitrice per centinaia di milioni di euro a titolo di oneri contributivi e assistenziali». La procura arriva a questa conclusione anche grazie alla testimonianza di un dipendente della struttura di Bisceglie, Antonio Lo Gatto, ritenuto affidabile. Il lavoratore spiega al procuratore di Trani, Giannella, la singolare vicenda delle assunzioni fatte nella sede di Potenza. Secondo il suo racconto, nel 2011 Dario Rizzi, direttore amministrativo di Foggia ed ex dg (è tra le persone arrestate), avrebbe chiesto a Pier Giulio Petrone, già membro del consiglio di amministrazione della Congregazione, di fornire un elenco delle persone assunte dallo stesso Rizzi a Potenza e i nominativi dei soggetti che avevano «caldeggiato» tali assunzioni. Petrone non ha mai redatto quell’elenco e per questo, secondo il racconto di Lo Gatto, è stato estromesso da Rizzi. «Lui - dice Lo Gatto al magistrato - non voleva che si sapesse di chi fossero. Rizzi pretese che gli doveva consegnare l'elenco di queste persone assunte a Potenza, con a fianco il nominativo del segnalante». Il rifiuto di Petrone è contenuto anche in una lettera riservata che lo stesso Petrone, dopo il suo allontanamento, ha inviato alle suore e a Monsignor Piscolla: «La mia amarezza è grande. Ancora oggi - scrive Petrone - mi chiedo cosa ho fatto. Non vorrei pensare che il mio rifiuto di fornire un elenco di nomi corredato dagli sponsor possa avere cancellato 10 anni di impegno e sacrifici». Lo Gatto precisa al magistrato che le assunzioni erano sponsorizzate non solo a Potenza ma in tutte le altre sedi. Rizzi, sempre secondo la testimonianza del dipendente, non conosceva i nomi degli «sponsor» del personale da lui assunto nel capoluogo lucano e aveva chiesto quell’elenco «per riferire l’informazione a qualche amico di Roma».
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12/06/2015 - autore: Massimo Brancati |
fonte: LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO |