IL PREMIATO “ASSUMIFICIO” DON UVA

Il M5S annuncia la volontà di costituirsi parte civile. E chiede chiarezza. La sede di Potenza utilizzata per «soddisfare interessi personali o di esponenti politici»

POTENZA - Sono proseguiti anche ieri gli interrogatori di garanzia per le dieci persone arrestate - tre in carcere e sette ai domiciliari - nell’ambito dell’inchiesta “Oro pro nobis” della Procura di Trani sul crac da 500 milioni di euro della “Casa della divina provvidenza” che ha sede a Potenza, Bisceglie e Foggia. Ieri è stata la volta dell’avvocato Antonio Battiante, che ha intascato una parcella da 317.000 euro per «prestazioni in realtà inesistenti». Venerdì per 8 ore, ha detto la sua verità sui conti della Casa Divina Provvidenza di Bisceglie, il commercialista Rocco Di Terlizzi, 45 anni, consulente dell’ente dal 2010 al 2013, in carcere dallo scorso 10 giugno fino a ieri (poi ai domiciliari), con le accuse di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta e per distrazione e al falso. Oltre agli arrestati è lungo l’elenco delle persone indagate. Tra queste ci si sono tre nomi coperti da omissis. Nomi che compaiono in coda all’elenco degli indagati indicati nell’ordinanza di custodia cautelare del gip Rossella Volpe. Tra questi anche l’ex presidente del Bambino Gesù di Roma, Giuseppe Profiti (chiamato come delegato vicario dal commissario apostolico del Don Uva, monsignor Luigi Martella), e un suo collaboratore, Mauro Pantaleo, più un alto prelato di Roma. Tutti e tre potrebbero essere sentiti nelle prossime settimane. Rocco Di Terlizzi, sentito come detto, venerdì per ben 8 ore, è accusato di aver falsificato (insieme ad alcuni degli altri indagati) i bilanci del 2011 e 2012, allo scopo di far ottenere l’ammissione del Don Uva al concordato preventivo in continuità aziendale. Ma anche di aver contribuito a «dissipare» le risorse dell’ente, con parcelle esorbitanti, quando questo era già in stato di forte crisi. Dario Rizzi, invece, assistito dall’avvocato Rolando Sepe Rizzi si è avvalso della facoltà di non rispondere. Se sul versante giudiziario l’inchiesta comunque prosegue c’è da sottolineare il silenzio assordante da parte della politica lucana. O meglio di quella parte della politica che negli ultimi 15 anni ha sempre saputo della situazione in cui versava il “Don Uva”, viste le vertenze dei lavoratori che addirittura per più di un mese occuparono il tetto della struttura di via Ciccotti. Un silenzio interrotto ieri da tre esponenti del Movimento 5 stelle: i consiglieri regionali Gianni Perrino e Gianni Leggieri, dall’euro - deputatato Piernicola Pedicini e dal consigliere comunale Savino Giannizzari. I tre hanno fatto notare come l’inchiesta sulla “Casa della divina provvidenza” sollevi «questioni di carattere economiche e morali» annunciando che se «nel corso delle indagini dovessero risultare fatti relativi alla gestione della sede di Potenza» loro si costituiranno parte civile nell’eventuale procedimento penale. Per Perrino, Leggieri, Pedicini e Giannizzari gli aspetti da esaminare riguardano «prima di tutto i rapporti e i contenuti della convenzione tra la Regione Basilicata e la casa di cura di Potenza e poi i problemi che potrebbero ricadere su pazienti e lavoratori del presidio sanitario lucano». Altra questione, non meno importante, riguarda le eventuali implicazioni giudiziarie e politiche sulle istituzioni lucane. Tra gli indagati , infatti, risultano essere anche due religiose lucane, suor Carla, al secolo Angela Maria Sabia di Avigliano e suor Gianna, al secolo Eleonora Bochicchio di Atella. «Per quanto ci riguarda - si legge in una nota congiunta - va fatta piena luce sui fatti gravissimi contestati dai magistrati agli indagati e agli arrestati». Dalle 600 pagine dell’ordinanza emerge che la Congregazione era utilizzata «all’occorrenza per l’assunzione di personale al solo fine di soddisfare interessi personali o di esponenti politici». E di parenti o amici degli amici, in effetti, nella sede di Potenza ce ne sono. A esempio «va fatta chiarezza - hanno proseguito gli esponenti del “Mo - vimento 5 stelle” - sull’assunzione della figlia del direttore sanitariodella sede di Potenza, Miri, e sui contratti stipulati nel capoluogo lucano tra il 2007 e il 2011». Per non parlare poi dell’intercettazione dove l'ex direttore amministrativo dell'Ente Dario Rizzi, attualmente in carcere, parlando con il commercialista della struttura, diceva: «Io gli ho fatto 80 assunzioni a sti signori (...) Uno per uno. Cioè a nome loro ». Alla luce anche di questa affermazione di Rizzi «ci auguriamo che il governatore Marcello Pittella spieghi subito ai cittadini lucani come stanno le cose e quali sono i rapporti tra la Regione Basilicata e la Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza rispetto alla convenzione in atto e ad eventuali altri accordi nel settore sanitario ».
14/06/2015 - autore: a.giammaria@luedi.it
fonte: IL QUOTIDIANO DEL SUD - EDIZIONE BASILICATA

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