L’ex capogruppo davanti a Cuperlo e Bersani diventa il capo della minoranza dem e lancia attacchi al premier
POTENZA - Per Speranza non è la solita kermesse alla quale ha partecipato. Si tratta di «vera e propria ripartenza». Come ha spiegato lui stesso. A partire dalla scelta del luogo: «Qui il 29 gennaio sceglie Mattarella. Era il momento migliore per il Pd. Insieme siamo stati all’atezza delle sfide. Ripartiamo da qui pochi mesi dopo in un clima politico molto molto diverso ». Che poi per dirla tutta è lo stesso luogo (Centro congressi Roma eventi a Piazza di Spagna) dove nacque “ItaliabeneComune di Bersani insieme a Sel e Psi nell’ottobre del 2012. In ogni caso ieri Speranza ha fatto la conta dei “suoi” perchè come si è compreso alla fine dell’iniziativa “L’Italia che vogliamo, il Pd che vogliamo” è lui il leader della minoranza (quella più dura) del Pd. Lo ha “incoronato”Pierluigi Bersani. All’incontro altri leader nazionali tra cui Guglielmo Epifani e Gianni Cuperlo (con il quale nasce un patto anche se nessuno dei due ha ancora sciolto le correnti). In sala circa 500 persone. Un terzo dei quali lucani. Partiti con pullman (due da Potenza e uno da Policoro a mezzanotte del giorno prima) e con vetture private. Tra i big lucani il deputato Vincenzo Folino (che in sala prima degli interventi è stato il vero mattatore della giornata in abito azzurro acceso) che è arrivato all’iniziativa insieme allo stesso Speranza e all’ex partigiano quasi novantenne Alfredo Reichlin. Poi il presidente del Consiglio regionale, Piero Lacorazza, il capogruppo dem alla Regione, Roberto Cifarelli, e i due segretari provinciali Antonello Molinari. In sala per i “vip” anche il sindaco di Avigliano, Vito Summa, l’ex presidente del partito regionale Pasquina Bona e altri. Non si è visto invece il senatore Filippo Bubbico che evidentemente come viceministro preferisce non mostrarsi in iniziativa di correnti (ovviamente la sua vicinanza a Speranza non è in discussione). Stesso discorso per il segretario regionale Antonio Luongo. Non c’èra nemmeno Adduce ma c’era il suo fedelissimo Lupo. Per il resto invece, le assenze di Vito Santarsiero e dei suoi dimostrano una volta ancora la distanza che si è creata tra l’ex sindaco di Potenza e Speranza. Non c’era nemmeno (qualcuno pensava potesse esserci) il sottosegretario Vito De Filippo e nessun “ex lettiano”. Insomma la mappa del Pd lucano inizia a essere abbastanza chiara tra non renziani, renziani e quelli che con Renzi potrebbero esserci tra non molto. Detto questo c’è da sottolineare che l’intervento di Speranza (durato oltre 50 minuti) è stata salutato da numerosi applausi. Un boato addirittura si è alzato quando il deputato lucano ha ricordato e spiegato le ragioni delle proprie dimissioni da Capogruppo del Pd alla Camera dei deputati. Per quanto riguarda i contenuti politici, Roberto Speranza ha subito affondato contro Matteo Renzi: «E’ illusorio affidare tutto alla leadership, che da sola non basta. Serve un grande soggetto collettivo, autonomo e autorevole. Non serve il megafono di palazzo Chigi, ma una comunità di donne e uomni in cui ci si confronta e si dialoga». E ancora ha “tuonato” Speranza: «Abbiamo bisogno di far capire all’esterno che il Pd non è solo Matteo Renzi. Per farlo superiamo limiti e errori. Ripartiamo insieme da una visione, progettualità, merito, dai territori. E’ la sfida dei prossimi mesi che si può vincere». E continuando nei messaggi politici il leader della minoranza dem ha aggiunto: «Il Pd è la più grande speranza per il Paese, noi lo vogliamo rafforzare ma per farlo non possiamo nasconderci che ci sono cose che non vanno, che vanno cambiate. Non vorrei che a furia di evocare i gufi noi diventiamo tutti struzzi e non vediamo le cose che vanno cambiate. C’è un pezzo del nostro elettorato che non si fida più, che rischia di voltarci le spalle». Sulla connotazione politica (non che ci fossero dubbi comunque), Roberto Speranza ha spiegato: «Non dobbiamo avere paura della parola sinistra, ne sento parlare spesso male. Ho detto a Renzi che sbaglia se lui ne parla male perchè sega l’albero su cui è seduto e prima o poi vincerà la destra. Il Pd che vogliamo ricostruisce il centrosinistra, quello che il Pd ha raso al suolo in questo ultimo periodo. Abbiamo azzerato tutto quello che ci sta intorno». L’ex capogruppo ha quindi proseguito: «In Europa chiediamo uno scatto, un cambio vero, a Renzi chiediamo di essere più forte e deciso, non basta un pò di retorica sulla burocrazia europea perché quelle regole ci porteranno al disastro. Abbiamo lasciato sola la Grecia a combattere contro queste regole».
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28/06/2015 - autore: Salvatore Santoro |
fonte: IL QUOTIDIANO DEL SUD - EDIZIONE BASILICATA |