C'È RABBIA, MA SOPRATTUTTO ORGOGLIO

Così l'imprenditore Luciano Marino ricostruisce il week end trascorso nella capitale francese

Tra le tante testimonianze di italiani a Parigi nella notte del terrore, la Gazzetta ha raccolto quella dell’avi- glianese Luciano Marino, imprenditore che si occupa di formazione in mobilità a livello internazionale. «Venerdì - racconta - mi trovavo a Parigi per un workshop di fotografia. Ero a cena in un ristorante con una comitiva di persone di varie nazionalità. Una serata tranquilla, con i locali pieni di gente. Un venerdì sera come tanti altri. Improvvisamente in mezzo alla sala è piombato il gestore del ristorante che, con tono profondamente preoccupato ed una visibile agitazione, ci ha detto che erano in corso nel centro della città diversi attentati, che c’erano dei morti e che non si sapeva che fare. È sceso il gelo in sala. Ci siamo tuffati tutti sui nostri smartphone e collegandoci alla rete abbiamo iniziato a capire cosa stava accadendo. Qualche secondo di irreale silenzio. Poi hanno iniziato a squillare i nostri cellulari: familiari ed amici provavano a mettersi in contatto con noi per capire se stavamo bene. Poi ricordo caos». «Non sapevamo cosa fare - continua. Gli appelli erano a stare chiusi e non riversarsi per strada. Ma non ci sentivamo sicuri nel locale. Alcuni degli attentati erano in corso proprio in piccoli ristoranti come il nostro, in «anonimi» locali come quello in cui ci trovavamo. Gli attentatori, sconvolgendo radicate convinzioni, non avevano preso di mira obiettivi sensibili e luoghi simbolo. Alcuni amici ci hanno offerto ospitalità, ma volevamo tornare al nostro hotel, nonostante fosse nella zona degli attentati, a circa 500 metri da Place de la Republique. Abbiamo chiamato in albergo e ci hanno detto che la zona era assediata dalle forze dell’ordine in assetto antisommossa: ciò ci ha rassicurati; tornare si poteva. Subito, però, abbiamo capito che non sarebbe stato semplice. Abbiamo provato a chiamare dei taxi, ma tutti si sono rifiutati di accompagnarci; non volevano avvicinarsi alla zona degli attentati. Abbiamo provato a salire su diversi autobus. Ma la mobilità era in tilt. Solo dopo diversi tentativi siamo riusciti a trovare un autista d’autobus che, dopo le iniziali ritrosie, ha acconsentito a farci salire a bordo e ci ha portati vicino a Boulevard Magenta». «Davanti ai nostri occhi - spiega Marino - si è stagliato uno scenario irreale: locali tutti chiusi, gente che scappava, dovunque polizia che invitava a raggiungere un luogo sicuro. Urla, allarmi, sirene di ambulanze. A mezzanotte e 45 siamo rientrati nella nostra camera d’hotel». «Sabato mattina - conclude - la città pareva sospesa; non c’era gente per strada. La metropolitana era vuota, anche se già nel pomeriggio la gente sembrava vogliosa di reagire, di tornare alla normalità. C’è tanta tristezza, ma anche rabbia e soprattutto orgoglio. Parigi si è scoperta vulnerabile. E, in fondo, tutte le nostre città sono vulnerabili: può succedere a tutti in qualsiasi momento di trovarsi coinvolti in un attentato»
16/11/2015 - autore: Sandra Guglielmi
fonte: LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

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