i festeggiamenti carnescialeschi nella cittadina gianturchiana
Il funerale del Carnevale, con la consorte Quaresima a piangere attonita sulla sua bara, mentre un possente fantoccio di paglia, simbolo della festa più allegra e scanzonata dell’anno, veniva bruciato in piazza Gianturco, hanno chiuso i festeggiamenti carnescialeschi nella cittadina gianturchiana. Sono ormai alcuni anni che diverse associazioni locali, tra le quali quest’anno Asp Terra, l’A rc i , San Vito Martire e Amici per sempre, hanno rispolverato la tradizione de I Tind’l (tinti, sporchi), il carnevale popolano festeggiato da generazioni di aviglianesi in tempi in cui i moderni abiti di principesse e supereroi erano davvero poco in voga. Con indosso indumenti dei nonni o scambiandosi i ruoli tra uomo e donna, ma rigorosamente con la faccia sporca di carbone o dipinta con tappi di sughero bruciato, per rendersi irriconoscibili, si girava per il paese con prruozz (strumento con ruota in legno molto rumoroso), chitarre e organetti, intonando un tipico stornello sulla salsiccia, uno degli alimenti maggiormente richiesto nelnel passato singolare tour tra case e palazzi. Si faceva incetta di salumi, formaggi, pane, uova, posti in bisacce e barili, portati sul dorso da un asino, alimenti che poi si consumava in piazza tutti insieme, a conclusione del rito funebre del Carnevale. E se qualcuno non apriva o non donava nulla, veniva bollato con l’inf amante marchio di “Z’r ron”, ossia spilorcio, tirchio, sottoponendosi a scherzi, spesso pesanti, dei tind’l, che attualmente incollano anche adesivi con la scritta “z’r ron” su case e abiti degli incalliti avari. Per le vie vengono anche fatti sfilare dei fantocci di paglia vestiti da ubriaconi, con la camicia sbottonata sporca di vino, cappello e cravatta storta, ma anche vestiti da forze dell’ordine, in una sorta di sfottò verso le autorità. La tradizione del bamboccio di paglia risale nella cittadina al 1799 quando, in occasione della liberazione furono costruiti due fantocci di paglia, simbolo del re e del principe ereditario, che furono portati in giro per le vie del paese e poi bruciati in piazza in un grande falò. Una festa dal sapore antico, tra tradizioni culturali e culinarie di una cittadina che negli anni sta recuperando, con tenacia, la sua forte e bella tradizione, che l’ha resa nel passato uno dei centri d’eccellenza della regione.
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09/02/2016 - autore: Sandra Guglielmi |
fonte: LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO |