Le associazioni agricole insorgono dopo il maxi sequestro di cagliata della Forestale
Controlli sempre più stringenti ed un marchio di qualità lucano per testimoniare la provenienza dei prodotti agroalimentari e delle materie prime. Questo è quanto chiedono le associazioni degli agricoltori all’indomani del maxi sequestro di cagliata avariata portato a termine dagli uomini del Corpo Forestale in agro di Filiano. La cagliata era destinata a caseifici lucani e sarebbe stata impiegata per la produzioni di formaggi di qualità assolutamente dubbia, destinati a finire sulle tavole dei consumatori lucani. È lecito, dunque, domandarsi, quali mezzi abbiano questi ultimi per difendersi (insieme ai produttori onesti) dalle truffe sulla qualità dei prodotti agroalimentari. Questo soprattutto considerando che in Basilicata, terra dai piccoli numeri, qualità e tracciabilità vengono indicate da anni, come l’unica strada per stare sul mercato. «Non è più rinviabile - dice Luciano Sileo della Cia - la creazione di un marchio regionale di qualità per valorizzare le produzioni nostrane. Nel caso del latte il discorso, poi, è ancora più complesso che in altri settori, perché solo il cinquanta per cento del latte lucano resta in Basilicata, mentre il resto viene conferito a caseifici fuori regione. La Regione dovrebbe, anche attraverso il Psr, valorizzare le produzioni locali ed aggregare i piccoli caseifici sotto l’ombrello del marchio di qualità, con un disciplinare di produzione rigido ed una implementazione dei controlli. Quando si trovano in giro cagliate come quella sequestrata è facile immaginare che daranno origine a prodotti artefatti. L’utilizzo del latte lucano garantirebbe tutti sotto il profilo della qualità e della tracciabilità». Controlli più stringenti vengono chiesti da Coldiretti Basilicata, che da anni ha fatto della tracciabilità un cavallo di battaglia, con i mercati di Campagna amica. Il presidente dell’associazione di categoria, Piergiorgio Quarto, nel fare plauso agli uomini del Corpo Forestale dello Stato per il sequestro effettuato (unitamente a quello avvenuto a Bari di grano contenente micotossine), ha sottolineato come «quanto avvenuto ci fa capire che c’è bisogno di controlli sempre più stringenti sulla qualità e sulla provenienza dei prodotti. Bisogna continuare su questa strada per smascherare i caseifici non in regola e per tutelare i produttori onesti, anche perché la qualità è l’unico differenziale importante per una regione come la Basilicata, per vincere la concorrenza e per stare sul mercato». Quarto ha anche ricordato che «una mozzarella su quattro in vendita in Italia non è ottenuta direttamente dal latte, ma da semilavorati industriali, chiamati cagliate, che vengono dall’estero senza alcuna indicazione nell’etichetta dell’alimento da queste ottenuto. Sono questi i comportamenti che provocano una distorsione del mercato, deprimono i prezzi pagati agli allevatori italiani e causano la chiusura degli allevamenti. Analogo discorso vale per i cereali, e l’esperienza fatta ieri al Porto di Bari, dimostra la sostanza delle nostre richieste: l’origine della materia prima impiegata è necessario che debba essere scritta in modo chiaro e leggibile nell’etichetta dove ancora manca; per rispondere adeguatamente a questa escalation di truffe e inganni e salvare il Made in Italy non c’è più tempo da perdere, al fine garantire la trasparenza dell’infor mazione e la salute dei consumatori».
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26/02/2016 - autore: Giovanna Laguardia |
fonte: LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO |