ELISA CLAPS:23 ANNI DI MISTERO SU CUI HA OSATO FABIO AMENDOLARA

Nel ricordare la tragica fine di Elisa, la disponibilità di Fabio ci offre anche l'opportunità di approfondire l'importanza del giornalismo investigativo

Le indagini non hanno mai convinto del tutto Fabio Amendolara che dalle pagine de "La Gazzetta del Mezzogiorno" si spinse talmente oltre le nebbie di quel mistero da suscitare la pesante reazione degli inquirenti che lo accusarono di aver rivelato informazioni riservate (la stessa accusa prefigurata dall'art. 326 del Codice Penale per la violazione dei segreti di Stato) e disposero nel 2012 la perquisizione della redazione del giornale e della casa del cronista, sottoponendolo ad un interrogatorio in Questura durato sei ore. Nel ricordare la tragica fine di Elisa, la disponibilità di Fabio ci offre anche l'opportunità di approfondire l'importanza del giornalismo investigativo che lo impegna a scandagliare, sulle pagine di "Libero", tanti altri misteri di cronaca italiana; per ultimo il suicidio sospetto del brigadiere Tuzi a Arce, in Ciociaria, a cui ha dedicato il suo recente libro "L'ultimo giorno con gli Alamari".
Amendolara, il 12 settembre 1993 scompare Elisa Claps. Una data che è una ferita a Potenza ma non solo ed è una ferita ancora aperta.
È una ferita aperta perché la giustizia non ha saputo dare risposte logiche e convincenti. Non basta consegnare alla piazza il mostro Danilo Restivo per dire il caso è chiuso, rassegnatevi, metteteci una pietra sopra. Finché non verrà fatta luce su chi ha coperto Restivo, permettendo che i resti di Elisa rimanessero per 17 anni nel sottotetto della chiesa della Trinità, la ferita non potrà rimarginarsi.

Ti sei occupato del caso e Elisa è ritornata poi in altre indagini che hai svolto: notizie false, depistaggi, poi il ritrovamento nella Chiesa della Trinità. Questo pone due domande: per prima cosa, come mai tante verità negate e, seconda cosa poi, il giornalismo investigativo ha ancora senso in Italia? Spesso si assiste alla spettacolarizzazione delle tragedie ma non alla ricerca della verità
La spettacolarizzazione fa male alle inchieste giudiziarie tanto quanto a quelle giornalistiche. Il giornalismo investigativo, quello vero, quello che scova nuovi testimoni, che segnala errori e omissioni nelle indagini, che impedisce agli investigatori di girarsi dall'altra parte e di chiudere gli occhi, ha ancora senso e va riscoperto. Ecco, se ci sono tante verità negate dipende anche dal fatto che la stampa molla i casi troppo presto. Senza pressione mediatica gli investigatori si sentono liberi di non agire.

Quanti casi ancora irrisolti e cito solo la nostra Basilicata : la piccola Ottavia De Luise di Montemurro e Nicola Bevilacqua di Lauria. Ma esiste una giustizia di serie A e una giustizia di serie B?
Purtroppo esiste. Era così ai tempi della piccola Ottavia ed è così ancora oggi.

Allo stesso tempo: esiste una copertura mediatica di serie A per alcuni casi e l’indifferenza per altri?
Le Procure e gli investigatori dettano la scaletta. Grazie alle fughe di notizie si tengono buoni i giornalisti che, così, ottenuta in pasto la classica velina, non cercheranno notizie scomode. L'informazione è facile da orientare.

Però, Fabio, domanda brutale: trovi difficoltà nelle tue inchieste?
Le difficoltà che trovano tutti i giornalisti che non si accontentano delle verità preconfezionate. Nel caso di Elisa Claps ad esempio avevo dimostrato che la Procura di Salerno aveva temporeggiato troppo nel chiedere l'arresto di Restivo ma anche che aveva fatto scadere i termini delle indagini preliminari tenendo fermo il fascicolo. La reazione è stata dura: una perquisizione in redazione, nella mia auto e nella mia abitazione. Risultato: mi hanno messo fuori gioco per un po'. Tutte le mie fonti erano scomparse, per paura di essere scoperte.

Penso al tuo ultimo libro: «L’ultimo giorno con gli Alamari: il suicidio sospetto del brigadiere Tuzi a Arce in Ciociaria”. Anche quando lo hai presentato in Basilicata o in Puglia ha attirato attenzione; quindi alla fine il lettore o il pubblico è sensibile a queste tematiche di giustizia negata o, addirittura, di mancanza di vere indagini ufficiali?
I cittadini non si accontentano mai di false verità o di ricostruzioni illogiche e contraddittorie. Finché non si fornisce loro una ricostruzione credibile - sia essa giudiziaria o anche giornalistica - continueranno a porsi domande su come sono andate davvero le cose. Il caso Claps ne è un esempio lampante. A sei anni dal ritrovamento ci sono ancora manifestazioni pubbliche per chiedere verità e giustizia. E ci saranno finché la storia non verrà raccontata in tutti i suoi particolari.

16/09/2016 - autore: Leonardo Pisani
fonte: IL MATTINO DI FOGGIA

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