La Kibout è un’artista cosmopolita: francese di nascita, algerina di origine e italiana di adozione. Il suo ultimo lavoro “Le ali velate” sta riscuotendo un enorme consenso dalla critica anche estera
Un’auto che brucia, un rogo che fa male prima all’animo poi al contingente, al materiale, all’umana miseria. Le ali della libertà, limitate da un filo spinato e con veli accarezzati dal vento, pronti anzi desiderosi di volare ma prigionieri di un metallo, barriera fisica a un mondo spirituale. Libertà, il messaggio di Nadia Kibout mi ricorda il Suonatore Jones di Da Andrè “Libertà l'ho vista dormire/ nei campi coltivati/ a cielo e denaro /a cielo ed amore/protetta da un filo spinato” . Le Ali Velate è uno dei tanti lavori della “lucana” Nadia, ebbene sì è lucana con un accento francese, in Francia ci è nata, a Bernalda ci vive per scelta. Nel suo cortometraggio si vedono le colline materane e lo Jonio di Metaponto, dove Pitagora passeggiava, i suoi ricordi ancestrali sono legati al mare, a quel Mediterraneo culla di civiltà e di popoli che s’incontravano. Incontro e scontro, pace e guerra, Nadia è di origine algerina, ma è francese di nascita e lucana di adozione. E’ cittadina del mondo, di un mondo complesso, dove l’arte si scontra con le miserie umane, dove le violenze sono contrastate dall’umanità e dalla gentilezza della cultura. Nel corto “Le Ali della Verità” diretto e interpretato da Kibout con la partecipazione di Paola Lavini, sceneggiatura di Ersilia Cacace e la stessa Nadia Kibout. Un cortometraggio lungo di emozioni, di paesaggi ai personaggi, con la raffinata musica di Peitor Angell ed un rap cantato in arabo, New York incontra Algeri nei cieli lucani, accarezzati dalle dolci colline materane. Italiano, arabo, sottotitoli in inglese, una miscellanea di culture diverse ma unite in un macrocosmo di varie umanità, di scambi, di cosmopolitismo. C’è molto del mondo interiore e artistico di Nadia, ma non tutto. L’immenso del pensiero creativo si può percepire, ma mai definire o comprendere a pieno, neanche all’artista stesso. Per fortuna. Chi sia l’artista Kibout lo chiediamo direttamente a Nadia. Algerina, Francese, Lucana, attrice, autrice, regista, donna e madre. Chi è Nadia Kibout? Nadia come arrivi al cinema, qual è stato il tuo percorso artistico? Affronti molti tempi attuali, temi scottanti ma con delicatezza. Come la violenza contro le donne. Ti chiedo ma il cinema, l’arte in generale può aiutare a contrastare oppure è solo un delicato palliativo. Sei figlia del Mediterraneo, un tempo mare di civiltà ora mare di tragedie e di xenofobia. Sei di origine algerina, sei mussulmana. Possibile che tutto debba portare a Noi contro di loro? In buoni e cattivi. Per me la cultura è universale, anzi nasce dalla fusione d’idee e diversità. Nei tuoi lavori ho visto questo messaggio. Nel medioevo al tempo dei normanni del sud dell’Italia si diceva se vuoi imparare l’arabo devi andare a Samarcanda o a Cordoba, se vuoi imparare il greco a Bisanzio, se vuoi imparare il latino a Roma, ma se vuoi imparare arabo, latino e greco devi andare a Palermo. E’ un’Utopia nell’Italia del 2018? Kibout: un’intensa vita artistica da Parigi a Bernalda Nadia Kibout nasce a Saint-Etienne in Francia da genitori algerini. È l’unica figlia femmina della famiglia, prima di lei otto fratelli maschi, questo le fa dire e pensare di aver un lato maschile molto pronunciato. Già dai primi anni di scuola scopre l’amore per il palcoscenico attraverso i spettacoli e saggi della scuola. Si appassiona alla musica e al canto. Fa parte dell’orchestra e del coro dal primo anno delle medie fino all’ultimo anno del liceo.Durante il liceo collabora ad opere liriche presso il teatro Jean Massenet della città e prende parte ad un corso di recitazione davanti alla macchina da presa. Vari contrasti familiari la porteranno ad allontanarsi dalle sue passioni artistiche. Svolge diverse attività professionali in vari settori e viaggia molto ma capisce di non farcela se non vive delle sue passioni. Incomincia un reale percorso di studi di recitazione, per tre anni, in italia, a Milano presso un laboratorio teatrale privato dove scopre il metodo stanislavsky, metodo del quale si innamora. Sceglie poi di trasferirsi a Parigi per approfondire le sue conoscenze nell’ambito teatrale presso la scuola Le Cours Florent per un anno, segue poi uno stage intensivo di un mese con Ariane Mnouchkine al Theatre du Soleil. Curiosa di mettere in pratica a livello internazionale i suoi studi incomincia attraverso l’Europa e l’America una lunga frequentazione di seminari e laboratori con insegnanti americani di fama internazionale, per la maggior parte membri dell’actor’s studio di Lee Strasberg (Greta Seacat , Susan Batson, Robert Castle, Bernard Hiller ). Nel 2004 incomincia la sua carriera con un film drammatico, opera prima di Mario Rellini, Balletto di Guerra, a cui seguiranno altre pellicole cinematografiche e fiction televisive. Il teatro, attraverso Sergio Castellito come regista per lo spettacolo Il Dubbio in tournée in tutta italia, le offre una bellissima esperienza che si augura di ripetere al piu presto. La passione e la dedizione in ciò che fa la sostengono nel desiderio di una carriera ricca di personaggi ed incontri.
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27/02/2018 - autore: Leonardo Pisani |
fonte: ROMA |