La donna venne uccisa ad Avigliano con 11 coltellate nel 1994. Un uomo fu indagato e poi prosciolto.
Nella Basilicata dei delitti insoluti, come molti hanno ribattezzato una terra che per anni si è nascosta dietro il paravento di isola felice e all’improvviso si è trovata scaraventata in un vortice di corruzione, abusi, potere, politica, massonerie e magistratura, l’omicidio, ancora senza un colpevole dopo 14 anni, di un’anziana pensionata 72enne ad Avigliano non ha mai solleticato davvero l’attenzione, nonostante l’efferatezza del crimine, rimasto senza movente. La cittadina rimase profondamente scossa alla notizia, il 22 ottobre 1994, dell’uccisione, con ben 11 coltellate, di Anna Maria Mecca, il cui cadavere, riverso sul pavimento della cucina della sua abitazione e coperto dalla tenda che schermava gli infissi, staccata dall’assassino per nascondere la donna e il lago di sangue in cui era riversa, fu scoperto da una nipote, che era andata a farle visita. Nulla pareva fuori posto, tranne la tavola ancora apparecchiata con i pochi resti del pranzo e un bottiglione, vuoto, di due litri di vino, acquistato in un negozietto di alimentari la stessa mattina del delitto, con accanto un bicchiere ancora pieno. Dal particolare gli inquirenti individuarono un unico sospettato, un amico del defunto marito della donna che era solito andarla a trovare e che durante le visite beveva sempre del vino che la donna gli offriva; sospetti labilissimi, che portarono all’assoluzione dell’uomo. Che cosa si è fatto in questi anni? Perché le indagini sono ferme su un binario morto e né i familiari, né gli amici, né i suoi concittadini hanno avuto risposte su questa cruenta morte? Vincenzo Mancusi, dirigente nazionale di Fiamma Tricolore, ciclicamente ritorna sul delitto di via Cairoli, dichiarando che finché i cittadini di Avigliano non avranno risposte e Anna Maria non avrà giustizia, lui continuerà a chiedere spiegazioni e a tentare di far riaprire le indagini. Noi abbiamo parlato con Carmela Mecca, la nipote che scoprì il delitto, e con il fratello di lei, Vincenzo.Ritorniamo a quel pomeriggio di 14 anni fa… Mi racconta cosa successe?«Ero solita andare a trovare mia zia e quel giorno dovevo prendere da casa sua una pagnotta di pane che lei aveva acquistato per mia madre. Non vidi subito il corpo, poiché era stato coperto da una tenda, ma mi accostai per sollevare il tendaggio che era, inspiegabilmente pensavo, a terra. Appena vidi il corpo di mia zia, il sangue che la ricopriva, scappai fuori e gridai. Poi, con i vicini chiamammo immediatamente i carabinieri. Da quel momento non sono più entrata nella casa, che fu posta sotto sequestro». Cercò di parlare con qualcuno, di capire se il vicinato aveva notato qualcosa di strano, sentito rumori sospetti?«Nessuno dei vicini aveva sentito o visto niente». «Qualcuno, però, – le fa eco il fratello Vincenzo –disse di aver sentito rumori nell’appartamento la notte successiva l’omicidio, quando la casa era già sotto sequestro. Ne parlammo con gli inquirenti ma non emerse nulla».Verificaste, con gli investigatori, se in casa era stato sottratto qualcosa?«Non sapevamo neanche bene cosa ci fosse – risponde il signor Vincenzo - ma all’apparenza era tutto a posto, anche i pochi soldi che zia aveva in casa».L’arma del delitto non è stata mai trovata, né si è mai affacciata una plausibile ipotesi del movente. Voi che idea vi siete fatti in questi anni? «Tante sono state le voci all’inizio – ha affermato la signora Carmela -, ma non abbiamo idea di che cosa possa essere realmente accaduto. Non eravamo a conoscenza di alterchi con alcuno. Pensiamo, in realtà, che qualcosa di davvero banale sia sfociata in un terribile delitto».«Una cosa, tuttavia – conclude il nipote - ci tengo a sottolinearla: i beni di nostra zia sono stati da poco venduti e i proventi sono stati donati tutti alla chiesa. Noi non abbiamo preso nulla e tutto ciò che c’è da pagare annualmente per le spese cimiteriali è a mio carico personale».
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12/07/2008 - autore: Sandra Guglielmi |
fonte: LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO |