AVIGLIANO E LA DROGA. «NON E' QUI LA CAPITALE DELLO SPACCIO»

Reazioni in paese dopo l'inchiesta della Gazzetta sulla diffusione della droga

Il dibattito si è riaperto. Anzi, a dire il vero, è esploso con veemenza, coinvolgendo l’intera cittadina, risvegliatasi nella giornata di sabato con un’etichetta che non sente appartenerle. L’inchiesta della Gazzetta sul fenomeno tossicodipendenza ad Avigliano, ma in maniera particolare il titolo e l’occhiello che marchiano a fuoco la “capitale”, come scherzosamente viene definita la cittadina al piè del Carmine, come supermarket della droga, hanno scatenato la reazione di un’intera comunità, che, pur consapevole di come la città sia balzata spesso in questi anni agli onori delle cronache per storie di spaccio e consumo, non si sente così nel baratro, così diversa dal resto della provincia, della regione, dell’intera penisola. Nonostante dalla lettura dell’articolo emerga un’analisi di più ampio respiro, che inquadra un fenomeno che pare aver ingranato la retromarcia, evidenziando dati positivi riguardanti le iniziative di mobilitazione messe in atto da forze dell’ordine e società civile, artefici principali di quest’inversione, gli aviglianesi, colpiti dall’essere definiti, ma prim’ancora considerati abitanti di “un’oasi della droga”, di una realtà oltremodo deviata, hanno voglia di raccontare la loro verità. Elisabetta Giannossi, insegnate della scuola primaria, ritiene che scrivere «”Avigliano, è qui il market della droga”, sia troppo forte per una città in cui il fenomeno è stato eclatante, considerando la quieta realtà locale, ma arginato in parte dalle azioni svolte dai Carabinieri. Tutta la comunità aviglianese si è resa conto della gravità della situazione attivando dibattiti, incontri per informare con l’ausilio di esperti sulle conseguenze e sugli effetti negativi degli stupefacenti, ma anche fiaccolate, che sono serviti a far prendere coscienza ai giovani e alle famiglie del problema, che pare stia tornando a livelli fisiologici».«Nel 2005 il problema era all’apice dell’attenzione – ribadisce Vita Iannielli, insegnante dell’Itc Nitti – ed anche come scuola facemmo una serie di interventi mirati a far prendere coscienza ai ragazzi del fenomeno e dei rischi ad esso connessi sia in termini di salute che di legalità, poiché ci eravamo resi conto che molti di loro si approcciavano al problema con superficialità e la rassegnazione di chi lo incasella nella routine. Passato quel momento non se n’è più parlato se non quando succedeva qualche fatto eclatante o quando i carabinieri venivano con i cani cinofili davanti la scuola. Penso, tuttavia, sia importante continuare a monitorare con un Osservatorio costante composto da persone competenti il fenomeno ed essenziale, in ogni caso, riprendere a parlarne, come ora sta succedendo». «Che il nostro paese non sia da tempo un’isola felice – dichiara Lello Colangelo, giornalista e responsabile di Ypsilon -, è vero, ma né più e né meno di altri paesi d’ogni angolo del mondo; che l’uso di droghe abbia raggiunto livelli preoccupanti è altrettanto vero. Ma è pure azzardato affermare che la cittadina aviglianese sia “il market della droga”. Ho cominciato a lavorare con i ragazzi e i giovani in Azione cattolica dagli anni ’50 e continuo, dal ‘94, a farlo con l’esperienza di un giornale scritto dai ragazzi per i ragazzi. Penso di aver maturato un minimo di esperienza per poter dire la mia sui problemi dei giovani. Allora che succede ad Avigliano? Succede quello che succede, purtroppo, ovunque. Sempre più persone si danno alla droga, all’alcol, a episodi di bullismo, seppure da parte della comunità non manchino iniziative di prevenzione. Le associazioni culturali e di volontariato, in particolare, da anni stanno aggredendo il problema con iniziative mirate e organiche, che hanno coinvolto le famiglie, in una sorta di “scuola per genitori”. L’anello debole, però, spesso risiede negli stessi genitori, disorientati e impreparati al dialogo con i figli, dal cui vocabolario hanno voluto eliminare le parole “regole”, “sacrificio” e “rinunzia”, chiusi nel loro guscio familiare e poco collaborativi con la scuola, convinti che i figli abbiano sempre ragione e non siano compresi; soprattutto nei padri, assenti il più delle volte alle varie iniziative (non in assoluto, ovviamente), che fanno mancare modelli di riferimento specie ai figli maschi, i protagonisti più comuni di storie di violenza e tossicodipendenza. I giovani, sempre al centro dei discorsi degli adulti, hanno in realtà poca voce per parlare dei loro pensieri e dei loro sogni e in questo contesto nascono episodi di contestazione, rifiuto, disagio che possono farli sentire estranei in una casa, in una scuola, in una società. Avigliano, come tutto il mondo globalizzato, non è, perciò, il market della droga, “un punto di riferimento per spacciatori e tossicodipendenti del Potentino”, come titolato facendo passare in secondo piano l’analisi sul fenomeno che si scopre poi leggendo l’articolo, ma un paese che ha la febbre, alta, forse un po’ più di altre realtà, ma non per questo ammalato di cancro».Nella visione così apocalittica di Avigliano, per la studentessa Jennifer Summa, una colpa è anche da ricercarsi nei mezzi di informazione. «Non posso venire ad Avigliano perché i miei genitori hanno paura dei tossicodipendenti. Questa è la risposta che ho ricevuto una volta da una mia amica potentina che avevo invitato a pranzo – ci ha detto Jennifer. Avigliano è vista dai più come uno scalo della droga dove tutti i suoi abitanti ne fanno uso e i giovani non hanno altro fine se non quello di drogarsi, etichettati a causa di mass media regionali che informano solo su questo genere di fatti. Eppure io ho diciassette anni e non mi drogo. Eppure esistono tante persone che si impegnano e cercano di fare del bene per la loro comunità. Ciononostante il loro operato viene infangato e vanificato dai giornalisti che si dilettano a far passare solo i difetti di una comunità e mai ciò che c'è di buono. Avigliano non è solo pusher e tossicodipendenti».«La droga ad Avigliano? Sicuramente un fenomeno presente, da non sottovalutare, ma come in tutte le realtà. Ad affermarlo è Angelo Summa, insegnante di Liceo e segretario provinciale dei giovani del Pd. Noi giovani, continua, abbiamo il dovere di riappropriarci di spazi e di attività che formino l’uomo nella sua pienezza, in cui ospitare le nostre idee, intrecciare relazioni legate ad interessi e progetti condivisi ed evitare la solitudine. Ci servono dei punti fermi, perché nel cammino alla ricerca di senso è facile “smarrirsi”. La comunità non deve lasciare soli i suoi concittadini in difficoltà, ma creare relazioni autentiche per ridare speranza ai giovani, alle loro famiglie, a tutti noi».Una voce un po’ fuori dal coro è quella di Renato Zaccagnino, artigiano e presidente del circolo cittadino di Nuova Italia «Penso sia ingiustificato – ha detto - creare allarmismo, ma nello stesso tempo è sbagliato e deleterio per tutti illudersi che il problema non esista, abbassando la guardia. Sono continuamente a contatto con i giovani e vedo i loro comportamenti, il loro modo di fare e non posso nascondere la mia preoccupazione, perché penso la situazione sia grave, che di droga ne circola davvero tanta e che i controlli vadano intensificati. Spesso i ragazzi e le famiglie coinvolte si nascondono dietro a bugie, raccontate anche a loro stessi. Ad Avigliano non c’è un business della droga gestito dalla criminalità organizzata, ma dagli stessi tossicodipendenti che attraverso lo spaccio si autofinanziano e avvicinano sempre i più deboli, i più giovani. Non sono uno psicologo ma penso il sert sia solo un palliativo; l’unica strada possibile per uscire veramente dalla dipendenza è un allontanamento dall’ambiente con un percorso lungo in comunità ed anche le famiglie devono arrivare a questa consapevolezza. Solo quando vedremo qualcuno che è riuscito davvero a venirne fuori, potremmo dire di essere sulla buona strada»
31/03/2009 - autore: Sandra Guglielmi
fonte: LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

Back