Sul fenomeno della tossicodipendenza in paese è intervenuto anche Don Salvatore Dattero. Ai genitori: «Non dobbiamo assistere in silenzio, ma urlare per scuotere le coscienze»
L'inchiesta della Gazzetta sul fenomeno droga ad Avigliano ha sollevato un vespaio di polemiche che non accennano a placarsi. Carabinieri, sindaco, ma anche semplici cittadini si sono schierati in difesa di una realtà non più isola felice, ma non dissimile dalle altre della zona e dell’in - tera nazione, anche se in molti hanno apprezzato la «scossa» che ha prepotentemente rimesso al centro dei dibattiti il fenomeno. «È deleterio per tutti illudersi che il problema droga non esista - ci ha detto Renato Zaccagnino, presidente del circolo cittadino di Nuova Italia. Penso la situazione sia grave e che di droga ne circoli davvero tanta. Spesso i tossicodipendenti mentono, anche a se stessi, e le famiglie coinvolte si illudono che i figli si siano allontanati dalla droga. Ad Avigliano non c'è un business di sostanze stupefacenti gestito dalla criminalità organizzata, ma dagli stessi tossicodipendenti che attraverso lo spaccio si autofinanziano e avvicinano sempre i più deboli, i più giovani, in un giro da cui è difficilissimo uscire e che continua ad allargarsi. Le famiglie devono arrivare alla consapevolezza che solo un percorso lungo in comunità, lontani dall’ambiente e dalle solite amicizie «tentatrici» può portare alla guarigione. Solo quando vedremo qualcuno che è riuscito davvero a venirne fuori, potremmo dire di essere sulla buona strada». Anche il parroco di Avigliano, don Salvatore Dattero, si inserisce nel fervido dibattito. «Non siamo a Scampia, non siamo a Napoli, ma i fatti di cronaca che hanno investito nell’ultimo periodo la comunità non possono e non devono essere sottovalutati. Dopo sollecitazioni e richieste d’aiuto da parte di alcune famiglie, ho cercato di approfondire un pò il problema parlando con le forze dell’ordine e recandomi al sert. Sapere di avere 21 utenti in cura presso la struttura non mi rincuora: potrebbe non essere in percentuale un numero alto, ma bisogna anche considerare che solitamente chi lo frequenta è la punta di un iceberg di cui non si conoscono le reali dimensioni. In realtà, anche se ci fosse un solo giovane caduto nel tunnel della droga e che lancia la sua richiesta d’aiuto, la comunità tutta dovrebbe fermarsi a riflettere e discutere sulle contromisure da intraprendere. Perché arrivare ad avere centinaia di ragazzi con seri problemi di tossicodipendenza per mettersi in moto?». Come vede la situazione? «Anche se non fossimo già a livelli di allarme, potremmo esserlo domani. Non c'è altro tempo da perdere. Non dobbiamo favorire il fenomeno con il pregiudizio, con il silenzio, ma dobbiamo parlare dei problemi, urlare per scuotere le coscienze sopite. I genitori non devono mai sentirsi indenni, ma devono fermarsi a riflettere, chiedersi cosa fanno realmente i loro figli, senza dare mai nulla per scontato; tutta la comunità deve vigilare e accogliere le richieste dei ragazzi, spingendoli, attraverso cammini educativi e formativi, ad uscire dall’isolamento che sconfina nella solitudine, insegnando loro modelli di vita basati anzitutto al rispetto di se stessi ed alla nostra cultura improntata sull'amore, sulla dignità, sul lavoro, ricostruendo un autentico tessuto di relazioni umane. Dobbiamo sicuramente gridare che la casa brucia, ma anche prendere l’ac - qua e tentare di spegnere il fuoco». Cosa dice ai giovani? «Non è difficile cadere nella rete delle promesse della droga quando ci si sente soli. Ma noi vi siamo vicini. Poi, vorrei farvi riflettere su un punto spesso sottovalutato: portarsi dietro per l’intera vita il marchio di ex tossicodipendente è un pesante fardello. Non tatuatevelo mai».
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01/04/2009 - autore: Sandra Guglielmi |
fonte: LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO |