IL KILLER DI ANNA MARIA MECCA E' ANCORA A PIEDE LIBERO

A sedici anni dal delitto le indagini brancolano nel buio

Sono 16 anni che un assassino continua a godere della sua libertà nonostante si sia reso responsabile di un omicidio tanto efferato quanto inspiegabile. 16 lunghi anni durante i quali le indagini non sono approdate a nulla e la morte della pensionata aviglianese Anna Maria Mecca pare sia finita in un piccolo angolo di bui ricordi della cittadina, non sollecitando mai davvero attenzione, nonostante la ferocia del crimine perpetrato attraverso ben 11 coltellate, 11 fendenti che hanno tolto la vita alla 72enne senza che sia stata ancora neppure formulata un'ipotesi di movente e senza che sia stata trovata l'arma del delitto. «Ero solita andare a trovare mia zia e quel giorno, il 22 ottobre del 1994, dovevo prendere da casa sua una pagnotta di pane che lei aveva acquistato per mia madre. La porta era accostata. La chiamai ma non ricevetti risposta ed entrai in cucina. Non vidi subito il corpo, ma mi accostai alla tenda che era, inspiegabilmente pensavo, a terra. Appena la scostai vidi il cadavere di mia zia e il sangue che la ricopriva. Scappai fuori e gridai. Poi, con i vicini chiamammo immediatamente i carabinieri». Racconta in questo modo il ritrovamento della salma della zia la nipote Carmela Mecca. Nell'appartamento, dalle verifiche che seguirono, nulla pareva fuori posto. C'era solo la tavola ancora apparecchiata con i pochi resti del pranzo con al centro un bottiglione, vuoto, di due litri di vino, acquistato in un negozietto di alimentari la stessa mattina del delitto, con accanto un bicchiere ancora pieno, particolare attorno al quale si costruì un'ipotesi accusatoria. Gli inquirenti, infatti, individuarono un unico sospettato, un amico del defunto marito della vittima che era solito andarla a trovare e che durante le visite beveva sempre del vino che la donna gli offriva. Nonostante i sospetti labilissimi, il pm Felicia Genovese che seguiva il caso avanzò anche richieste di misure cautelari, che vennero rigettate prima dal Gip e poi dal Tribunale del Riesame. Quando già si era giunti alla fase del processo fu la prova del Dna a togliere ogni dubbio e portare ad un verdetto di assoluzione che, alla fine, era stato chiesto anche dallo stesso Pm. Gli esami della scientifica portarono, nel settembre del 1997, anche l'esclusione di un altro sospettato, un 33enne tunisino, Ben Mohamed Ezzedine Sebaii, arrestato con l'accusa di essere l'autore di una serie di rapine con omicidio a danni di vecchiette avvenute lungo il confine tra Basilicata e Puglia, il cui gruppo sanguigno non era coincidente con le tracce di sangue, non appartenenti alla vittima, trovate nell'appartamento. Sono sempre stati anche gli stesi familiari, tuttavia, ad escludere l'ipotesi di una rapina finita nel sangue. «Non sapevamo bene cosa ci fosse nell'appartamento - dichiarò un paio di anni fa alla Gazzetta un altro nipote di Anna Maria, Vincenzo Mecca - ma all'apparenza era tutto a posto, anche i pochi soldi che zia aveva in casa». Anche i vicini hanno sempre affermato di non aver sentito e visto niente, anche se la sera successiva, quando la casa era già sotto sequestro, qualcuno disse di aver sentito rumori nell'appartamento (dalle verifiche degli inquirenti, tuttavia non emerse nulla), e nessuno, neanche tra i parenti, ha mai saputo dell'esistenza di alterchi con alcuno. «Pensiamo, in realtà, - ha dichiarato la nipote Carmela - che qualcosa di davvero banale sia sfociato in un terribile delitto». «Una cosa, tuttavia - ha voluto mettere in risalto il nipote Vincenzo - ci tengo a sottolinearla: i beni di nostra zia sono stati da poco venduti e i proventi sono stati donati tutti alla chiesa. Noi non abbiamo preso nulla e tutto ciò che c'è da pagare annualmente per le spese cimiteriali è a mio carico personale». Intanto nessun passo avanti è stato fatto nelle indagini e pare lontana la risoluzione del cold case aviglianese.
10/10/2010 - autore: Sandra Guglielmi
fonte: LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

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