IN NOI AMAREZZA E DOLORE PER LA SCARCERAZIONE DI BATTISTI

Parla Maria Sabia Colucci, cugina fraterna di Santoro

Cesare Battisti è un uomo libero. La decisione del tribunale Federale brasiliano che ha negato l'estradizione in Italia dell'ex terrorista, consentendone la scarcerazione, fa nuovamente sanguinare una ferita sempre aperta e fa levare voci di protesta e sdegno, che rischiano di minare pesantemente i rapporti diplomatici tra i due paesi, con il ministro degli esteri Frattini che ha richiamato a Roma l'ambasciatore italiano a Brasilia. Un duro colpo per i parenti delle vittime del gruppo eversivo "Proletari armati per il comunismo", che lascia sgomento e deluso anche il popolo aviglianese, che pianse l'uccisione di un suo concittadino per mano proprio di Battisti. Il maresciallo Antonio Santoro aveva 52 anni ed era comandante delle carceri di Udine quando i Pac, formazione nata sulla scia della nuova realtà delle carceri speciali come contropotere armato contro le strutture e il personale carcerario, decisero di ucciderlo. Le cronache dell'epoca riferiscono che la sua colpa era stata quella di aver tardato a soccorrere Cavallina, ideologo del gruppo, che si era rotto un braccio in prigione, giocando a pallone; il figlio Pino, invece, racconta che un anno prima il padre era stato attaccato dai giornali di estrema sinistra «con accuse di peculato, corruzione e abuso di potere». Santoro denunciò Lotta continua «ma fu lasciato solo anche dai suoi superiori - dice Pino. E assassinato». All'omicidio parteciparono Pietro Mutti, Enrica Migliorati, Claudio Lavazza e Cesare Battisti. È il 6 giugno 1978. Alle 7,40 Battisti, con barba posticcia, e Migliorati, con una vistosa parrucca rossa, si baciano nelle vicinanze della casa di Santoro, fingendosi, per non insospettire la vittima, fidanzatini. L'agente esce dalla sua abitazione e passa accanto ai due ragazzi. Battisti gli spara alle spalle tre colpi: uno va a vuoto, il secondo lo colpisce alla tempia destra, il terzo all'altezza del costato. Gli assassini scappano su una Simca 1300. La macchina sgomma via e Mutti saluta un ufficiale dell'esercito, testimone del delitto, alzando il pugno chiuso «per dare un colore politico a quell'azione». Battisti viene condannato all'ergastolo con un processo in contumacia e sono ormai 30 anni che è latitante. «Quando abbiamo saputo del nuovo diniego di estradizione di Battisti e della sua scarcerazione - racconta alla Gazzetta la signora Maria Sabia Colucci, cugina fraterna di Santoro - la delusione è stata grandissima. Al dolore immenso per la sua perdita e per la sua orribile morte, si è aggiunta in questi anni l'amarezza per l'impunità del suo assassino, che ha trovato sempre alte protezioni e che ora è addirittura libero. La scomparsa di Antonio ha distrutto tutta la famiglia e noi ora vorremmo almeno un po' di giustizia».
12/06/2011 - autore: Sandra Guglielmi
fonte: LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

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