TUCCIO E RUGGERO 60 ANNI DOPO IL VIAGGIO NEL

Donato Martinelli, meglio conosciuto come Tuccio “la scarparedda”, classe 1938, già falegname e operaio alle cartiere di avigliano, sindacalista per passione,è il protagonista di una storia in pieno stile “Caramba che sorpresa”.

Avigliano 11 Aprile 2009 Donato Martinelli, meglio conosciuto come Tuccio “la scarparedda”, classe 1938, già falegname e operaio alle cartiere di avigliano, sindacalista per passione,è il protagonista di una storia in pieno stile “Caramba che sorpresa”.Nel 1949 Tuccio fu protagonista, insieme al fratello e altri 100 bambini poveri della Basilicata, della solidarietà del PCI di Mantova che per "sfamare e far studiare" i ragazzi che la fine della seconda guerra mondiale e del fascismo vivendo in una situazione di estrema povertà, li ospitarono per un anno in alcune famiglie del posto.Erano gli anni della ricostruzione post bellica, della grande disoccupazione e di un’Italia ancora in ginocchio, “Spesso a casa non c’era poco o quasi nulla da mangiare, nella mia e in quelle di tane famiglie” racconta Tuccio e fa una battuta “ Studiavo, imparavo le poesie, ma poi tanta era la fame che le dimenticavo”.Nella sua memoria è presente il giorno della partenza, alle 5 30 andarono alla Camera del lavoro, dove trovarono la colazione latte e biscotti, qualcosa di unico per loro e alle 6 30 la partenza con il treno. Anni dopo, racconta Tuccio, ho saputo che ci avevano soprannominato “Il treno della fame”.Erano anche gli anni della feroce contrapposizione politica, della DC di De Gasperi e del Pci di Togliatti e capitò un episodio da Don Camillo e Peppone, alcune amiche di mamma, racconta sorridendo Tuccio, le dissero “non mandare i bambini perché i comunisti gli tagliano le dita delle mani, dei pedi e li fanno morire di fame”“Non dimenticherò mai quel viaggio” continua Tuccio “ a Bologna il treno fece una fermata fuori programma, andò in un binario morto e lì vi erano alcuni militanti del Pci che ci portarono a pranzare, ci tennero compagnia per 3 ore e ci regalarono cestini per la merenda”Tuccio si fermo 2 anni a Gonzaga, ospite dei Zilioli, proprietari di una fattoria e andava anche a scuola con il piccolo della famiglia Ruggero, “vivevamo fuori città e la mattina partivamo in bicicletta in due, io sulla canna e lui a pedalare” continua a raccontare il nostro protagonista.Poi il piccolo Donato ritorna ad Avigliano, riesce a mantenere i contatti per qualche anno poi perde il silenzio, “ ma negli anni ho sempre tentato di ritrovarli, non ci sono riuscito. Neanche mio fratello Dino che vive a Torino e ogni anno va a Gonzaga, ha mai saputo nulla, se non che Ruggero diventato adulto aveva aperto un ristorante a Milano. Ho persino letto tutto l’elenco telefonico di Milano per trovarlo ma nulla, solo qualche omonimo e tante telefonate inutili” “Poi l’anno scorso per caso ho il numero telefonico di una signora Zilioli, la chiamo ed era una cugina, che si ricordava anche di me” continua Tuccio “non aveva più contatti con Ruggero, ma riuscì a farmi avere il suo cellulare, emozionato non ero capace di comporre il numero, lo fece mio figlio Mimmo”“ Ho avuto tutte le soddisfazioni” conclude commosso “ il lavoro, una famiglia per bene, una medaglia d’oro di fedeltà al lavoro, tanti amici, ma mi rimaneva un tassello per completare la mia vita: trovare Ruggero e ringraziarlo per tutto quello che anno fatto per me e dopo 60 anni, lo rivedo qui ad Avigliano, verrà l’11 aprile e si fermerà per le vacanze pasqua insieme con sua moglie”
11/04/2009 - autore: Leonardo Pisani
fonte: LA NUOVA DEL SUD

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