EMANUELE GIANTURCO E IL "SOGNO AVIGLIANESE"

Circondato dai mille occhi dei grandi palazzi aristocratici, inebriato da aria sublimata di cultura e con in sottofondo l'allegro mormorio dei clacson delle auto, che come aligere lucciole metropolitane scorazzano quà e là accarezzando soavemente l'asfalto, se ne sta un anziano signore baffuto, corpulento e con una giacca a vento portata a mò di mantello, tanto da sembrare un supereroe della Marvel, che con sguardo fiero e risoluto pare vigilare sulla città. Scrutando minuziosamente l'epigrafe sottostante si può leggere: "A Emanuele Gianturco che da umili origini seppe attingere le più alte vette del giure, dell'arte, della politica. Avigliano riconoscente". Parole che giungono come una dolce melodia dal cuore di ognuno di noi, volte a ringraziare l'illuminante opera di quest'uomo. Ma chi era e cos'ha fatto Emanuele Gianturco?. In una cornice di briganti e povertà, tra realtà e leggenda di Crocco e Ninco Nanco, venne alla luce il 20 Marzo 1857, partorito dal grembo della fervente Avigliano di metà Ottocento. Alla maieutica educazione del fratello maggiore Giuseppe, insegnante e sacerdote,seguirono gli anni universitari a Napoli, dove tra mille peripezie e innumerevoli difficoltà econonomiche riuscì a conseguire la laurea nel 1879 (lo stesso anno conseguì anche il diploma di composizione presso il Conservatorio musicale di S.Pietro a Majella) e dove ottenne la cattedra di diritto civile (grazie anche al supporto dell'amico Giustino Fortunato) tre anni più tardi. Sterminate, come le steppe siberiane, le cariche da lui occupate in una escalation che lo portò ad essere deputato a 32 anni, sottosegratario alla Giustizia, ministro dell'Istruzione, due volte ministro della Giustizia, vice presidente della Camera e Ministro dei Lavori Pubblici, partecipando attivamente con riforme da lui proposte (si interessò a norme di carattere sociale, agrario e scolastico) ai governi Giolitti, di Rudinì e Saracco. Nell'ultima fatica della sua breve ma intensa esistenza, coronò il sogno della statizzazione delle ferrovie portandola in porto dopo lunghi mesi di dibattito parlamentare. Morì il 10 Novembre 1907 a Napoli colpito da un male incurabile, quasi per uno strano scherzo del destino proprio mentre il re stava pensando a lui come Presidente del Consiglio dei Ministri (le sue spoglie sono custodite insieme a quelle della moglie in un mausoleo ubicato all'interno del cimitero cittadino). Esponente della "Scuola Napoletana" di diritto civile, convinto fautore della superiorità della tradizione giuristica italiana rispetto al praticismo della dottrina francese e all'astrattismo dogmatico della scuola tedesca, tra le sue opere principali si ricordano tra le altre: "Istituzioni di diritto civile italiano (1887), Dei Diritti reali (1892), Diritto delle obbligazioni (1894). Nonostante la prestigiosa carriera politico-universitaria, costellata da numerosi successi e affermazioni professionali, non dimenticò mai le sue umili origini, non allontanandosi mai dall'archetipo della modestia che lo aveva sempre contraddistinto. Dal 26 Settembre 1926 il sardanapalesco monumento che lo ritrae regna sulla piazza che porta il suo nome. Gianturco entrerebbe di diritto in un'ipotetica hall of fame di personaggi illustri tutta aviglianese, ma più ampiamente ha rappresentato la massima espressione del "sogno aviglianese". Partendo cioè dai ceti più umili e plebei di un piccolo peasino della Lucania e arrivando a ricoprire le cariche più autorevoli a livello nazionale, dimostrando come i sogni, anche quelli più reconditi, possano essere realizzati seguendo indefessamente la rotta tracciata dalla stella cometa dell'utopia, surfando le onde delle avversità e facendo del sacrificio il proprio pane quotidiano.
25/05/2014 - autore: Lacerenza Vincenzo
fonte: aviglianonline.eu

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