Per provare a raccontare l'arte di Giuseppe Pedota si può partire dalla matematica. Meglio ancora se dalla proporzione. Due quantità variabili, cioè due entità esprimibili come due funzioni numeriche aventi lo stesso dominio tra le quali intercorre una relazione di qualche natura si dicono proporzionali (o più esplicitamente, direttamente proporzionali) se esiste una relazione funzionale della forma caratterizzata da una costante numerica non nulla. Dalla matematica a Pedota il passo è breve. E così Pedota sta alla visione, come l’arte sta al visionario. E quando l’arte è visione non può non essere visionario il suo autore. Pedota, appunto, il visionario. Colui che vede fluttuare davanti ai suoi occhi la matematica, l’astrofisica. E con intense pennellate di colore le trasporta su una tela, un pezzo di legno, di alluminio. Le fa materia in una scultura. Difficile definire l’artista originario di Genzano di Lucania da una sola angolazione. In lui convivono lo scultore, il pittore, l’architetto, il designer. Figure legate da un unicum: la passione accesa nel trasformare l’intangibile in tangibile, spesso con pennellate di colore rosso acceso, che vira al caldo arancione rassicurando con un blu di fondo chi guarda; vortici che rischiano di risucchiarti all’interno di un mondo sconosciuto e denso di colore, quel colore che avverti sotto le mani. E ti appaiono corpi di donna che racchiudono le costellazioni e lentamente adagiati ad ammirare un universo in movimento. Ma non sono le figure femminili, o quanto meno non solo loro, a colpire. Quel che lascia senza ossigeno la mente dell’osservatore è questa spasmodica ricerca dello spazio senza tempo. Le opere del maestro Pedota decodificano formule matematiche, riportano equazioni, raccontano l’astrofisica, in un insieme mai scontato. Pennellate vorticose ti assorbono facendoti perdere quasi l’equilibrio. Figure dai contorni mai definiti, voluttuosamente incerti, catturano lo sguardo. Figure create con voluttà prima nella mente dell’artista e poi concesse agli sguardi altrui. L’artista passa dalla geometria, alla fantasia, alla realtà senza soluzione di continuità; accompagna le sue opere senza mai staccarsene. Vive nella vita quotidiana le sue creature; le porta nel grembo, un grembo dannatamente mascolino, ma garbatamente accogliente fino a rendere vivo l’inesistente nella realtà. Tutto questo e non solo può essere l’arte di Pedota. Magnifico artefice nel far pulsare ciò che normalmente non si vede e non si tocca, nel renderlo vivo e vivace senza mai imbrigliarlo in una dimensione spazio temporale.