Non era una persona, ma un numero, il 142192 di Dachau (Germania), una sigla It che significava Italiano traditore, cioè coloro che per fedeltà al Re si erano rifiutati di arruolarsi nelle file repubblichine di Salò. Internato al Blocco 17 in attesa di una morte certa, rapato a metà e vestito di stracci perchè non apparteneva alla razza ariana, quel numero tatuato ora è scomparso dopo un’operazione chirurgica, ma rimane impresso nella sua memoria. Ricordi e ferite anche fisiche- fruste e bastonate ogni giorno- che ora l’uomo Ermando Parete, unico italiano vivente di quei 404 sopravvissuti alle SS, mostra e racconta a tutti, specie alle nuove generazioni, affinché non dimentichino quello che successe a milioni di vittime delle barbarie naziste. Una testimonianza importante, tragica, che semmai conosciamo solo attraverso documentari, film o libri, che ad ascoltarla da chi l’ha vissuta, fa vivere commozioni e capire con ribrezzo cosa successe oltre quelle tre file di filo spinato, attraversate da alta tensione. Su quel filo spinato trovavano la morte tanti bambini per il “gioco” macabro delle SS, li buttavano in aria facendoli divertire e ridere e poi, con bestialità li scaraventavano sull’alta tensione ridendo. 7 forni crematori sempre accesi, il fumo nero saliva sempre, ed i “numeri” sapevano che sarebbero finiti anche loro prima poi, gassati o anche vivi, con emozione Ermando Parete lo racconta, a volte bastava anche orinare inconsapevolmente per finire bruciati vivi. Dachau, campo di sterminio e laboratorio per esperimenti su cavie umane, non è un film è la realtà, il giovane Ermando ne è stata vittima, gli hanno strappato più volte le unghie per valutare l’esistenza al dolore e messo sotto docce ghiacciate per capire resistenza al freddo che potevano sostenere i loro piloti abbattuti sul Mare del Nord. Il giovane italiano è sopravvissuto per fortuna lavorando alle ferrovie, riusciva di nascosto a cibarsi di erbe, per miracolo perchè il giorno che doveva essere eliminato avevano già bruciato troppi corpi e si salvò. Quando entro a Dachau, era un giovane finanziere reduce della campagna di Grecia, quando il 18 aprile alle ore 18 fu liberato, un essere umano che pesava 29 kg, che aveva deciso di suicidarsi contro quel filo spinato, ma si fermò ricordando i genitori e si mise a cantare l’inno dei finanzieri, era un uomo con l’orgoglio del suo paese e della divisa, non l’avevano trasformato in numero. Ora gira per tutta Italia, accompagnato dalla attrice e professoressa Franca Minnucci, a raccontare cosa fu l’olocausto, lo sterminio nazista e lo fa volentieri nelle scuole, così è giunto anche ad Avigliano, ospite dell’Istituto tecnico commerciale e di fronte ad una platea di ragazzi di tutti gli istituti del comune. In Sala anche rappresentanti della Guardia di Finanza, corpo nel quale Parete ha combattuto la guerra mondiale e di cui ha indossato la divisa anche dopo gli orrori di Dachau, il tenente colonnello Mario Zarrillo che ha dichiarato “per chi come i giovani e per chi come me non ha vissuto gli orrori della guerra, è importante sapere fin dove si arriva nelle barbarie. Poter incontrare poi una persona come Ermanno Parete, testimonianza vivente di quella orrenda vicenda è un avvenimento straordinario”.