Come si viveva ad Avigliano un tempo? Ritornano i viaggi nei vicoli del passato, organizzati dal Circolo Nuova Italia “Solzhenitsyn.”. Autentici quadri viventi di secoli trascorsi lentamente, l’anno scorso presentarono uno scorcio di vite con ricordi e sapori della cantina di “Zia reccia” con i “Cautarogne” la pasta fatta in casa. I mestieri ormai scomparsi come La “ r lu furgiar” il fabbro. Accompagnava i visitatori in questa macchina del tempo “Tommaso lu banntor”, personaggio realmente esistito che dava notizie della Casa Comunale, questo anno li porterà tra i raccontche descrisse quello che era l’Avigliano del 1800 e li porterà a vivere la Basilicata delle leggi speciali di Pica del 1863, nell’epopea dei briganti capitati da Giuseppe Nicola Summa, Ninco Nanco, nato ad Avigliano il 12 aprile 1833, che divenne leggenda ancora vivo, che per anni mise in difficoltà l’esercito savoiardo, spadroneggiando tra Vulture ed i boschi dell’Aviglianese, finché il 13 marzo 1864, presso Frusci di Avigliano, Ninco Nanco fu catturato dalla Guardia Nazionale capitanata da Benedetto Corbo, suo vecchio protettore. Ninco Nanco fu subito ucciso dal caporale Nicola Coviello, ufficialmente per vendicarsi della morte del cognato dal brigante, ma fatto eliminare su ordine del Corbo per evitare che Summa potesse svelare i suoi passati protettori. Abili cavalieri e tiratori, i briganti avevamo anche una predilezione per la Balestra Aviglianese ( si pronuncia Valestra), il pugnale ricavato da corni di Bufalo. Un’arma da duello, erroneamente considerato un semplice coltello. Il circolo Nuova Italia in “dialoghi e Tradizioni” farà rivivere la sua storia, infatti, le prime testimonianze sono del 1600. Ma leggendaria la sua origine: un fabbro non riusciva trovare moglie, nel passato era una categoria tenuta in disparte perché avevano costruito i chiodi per “crocifiggere Nostro Signore”.Povero e allontanato, conobbe una trovatella, anche lei sola poiché senza partenti e dote. Nacque l’amore e decisero di sposarsi. Il feudatario dell’epoca pretese lo “ius primae noctis”, allora il fabbro per difendere l’onore della sua amata inventò la micidiale balestra, lama sottile e affilata e che si poteva nascondere tra le vesti. La leggenda prosegue con la donna che per difendersi dall’oltraggio pugnalò il signorotto che morì sanguinate in un angolo di Avigliano che ancora oggi è chiamato Cavalcavia del Riscatto. La fabbricazione oggi è praticata da rari ed abilissimi artigiani. La Balestra deve avere tra caratteristiche immancabili: la forma a foglia di olivo, la lama deve avere “ lo scolasangue” cioè delle incisioni e forme a tacche da procurare ferite non rimarginabili e i tre “scrocchi” cioè l’apertura a molla in 3 tempi. Questo aveva un significato simbolico. La Balestra era un’arma da duello, con il primo scrocchio si minacciava, dopo il secondo si accettava la sfida, ed il terzo rendeva l'arma micidiale: la lama diventava fissa e non richiudibile. Iniziava il duello secondo le tecniche della scuola schermistica spagnola, mantello o giacca a difesa su un braccio e pugnale nell’altro.