UN CRIMINALE NON PUO' PARLARE DI DIRITTO ALLA VITA
Avigliano. «La notizia si commenta da sola. Ogni persona di buon senso, apprendendo che personaggi come Cesare Battisti sono invitati a parlare in pubblici dibattiti di temi quali il “diritto alla vita”, può trarre le sue conclusioni». E’ laconico Giuseppe Santoro, figlio del maresciallo aviglianese Antonio Santoro, prima vittima di Battisti e dei “Proletari armati per il comunismo”, nel commentare la notizia che il terrorista condannato all’ergastolo in Italia per una serie di omicidi durante gli anni di piombo e da sempre latitante all’estero, prima in Francia, ora in Brasile, sia stato invitato a tenere una conferenza all'Università Federale di Santa Catarina a Florianopolis. Il seminario “Chi ha il diritto di vivere”, nel quale Battisti avrebbe dovuto essere l’oratore principale, è stato annullato all’ultimo momento perché il governo brasiliano, travolto dalle roventi polemiche scatenatesi a livello internazionale, gli ha proibito la partecipazione. L’invito, hanno tentato di spiegare gli organizzatori, era “per dar voce agli esiliati e ai carcerati”, ma l’indignazione soprattutto dei parenti delle vittime era ormai scoppiata, riportando al centro dell’attenzione il caso del latitante italiano a cui il Brasile ha concesso lo status di rifugiato politico. Può, si sono chiesti in tanti, un ex terrorista, ritenuto colpevole di aver ucciso 4 persone tra il ‘78 e il ‘79 (il maresciallo della Polizia penitenziaria Antonio Santoro, il gioielliere Pierluigi Torregiani, il macellaio Lino Sabbadin e l’agente della Digos Andrea Campagna), salire in cattedra e disquisire su chi abbia diritto di vivere, ricevendo addirittura un compenso di circa 500 euro finanziato direttamente dal ministero dell’Educazione? La notizia ha profondamente turbato la famiglia di Santoro ed i tre figli del maresciallo ne hanno, ci ha confidato il primogenito Giuseppe, a lungo parlato tra di loro, decidendo, tuttavia, di non rilasciare dichiarazioni, ad esclusione delle poche, concise ed amare parole consegnate in esclusiva alla Gazzetta. Avigliano ha ricordato lo scorso anno in diverse occasioni il concittadino barbaramente ucciso e l’Istituto comprensivo, grazie ad una proposta caldeggiata ed operativamente realizzata dagli insegnanti Anna Rinaldi e Antonello Verrastro, hanno fatto conoscere la storia del maresciallo alle nuove generazioni, inserendo la sua figura tra quelle degli eroi della legalità nell’ambito del progetto pluriennale Diritti, pace e legalità. Antonio Santoro, cui la città di Avigliano intitolò all’indomani del brutale assassinio una strada, ha ricevuto, in realtà, scarsa considerazione a livello nazionale sino al 2004, quando al maresciallo venne tributata una medaglia al valore. All’amarezza per aver visto relagare per anni nel dimenticatoio la figura del padre - raccontò nell’occasione della commemorazione del 2012 il figlio Giuseppe ai ragazzi e bambini aviglianesi - «si continua ad aggiungere la delusione per l’impunità di cui gode ancora oggi il suo assassino, con più che una sensazione che poteri forti, per ragioni che sfuggono a noi tutti, l’abbiano protetto in questi lunghi anni».