“E l'odio finirà solamente se gli uomini sapran risorgere dentro di se “brala moma ruja tzvete kaino brala tai zaspala” che significa - giovani donne che raccolgono fiori sui monti.” Io non ho paura perché non so odiare: così si combatte tutta la violenza anche quella di genere o forse meglio dire sul “genere Umano”. La maggioranza delle violenze sulle donne e sugli adolescenti avviene in un contesto domestico, ed è prevalentemente commessa da familiari, compagni, ex partner, amici e persone conosciute dalla “vittima”. Va combattuto il termine “raptus” che quasi sempre determina la “semi infermità mentale” e se va bene addirittura la “totale infermità mentale” termine usato ed abusato, diventato luogo comune dei difensori per giustificare la violenza. Ma quella sulle donne e sulle bambine e bambini non è frutto di raptus, ma dalle relazioni di genere. E l’incapacità di adattare un’ottica di genere che si riflette in un’inadeguatezza
nella formazione degli operatori sanitari, sociali, delle forze dell’ordine e dei magistrati, che triste a dirlo, ma purtroppo costituiscono il primo ostacolo concreto alla protezione delle donne. Basta leggere le statistiche per capire che su 10 femminicidi, 7,5 sono stati preceduti da denunce alle forze dell’ordine o agli operatori sociali, quasi sempre con una risposta inadeguata da parte dello Stato. Secondo la
Convenzione Cedaw, lo Stato ha delle obbligazioni alle note internazionalmente come le
4P: “prevenire” la violenza sulle donne, attraverso un’adeguata sensibilizzazione, “
proteggere” le donne che decidono di uscire dalla violenza, “
perseguire” i reati commessi e “
procurare” riparazione alle donne, supporto psicologico e sostegno all’ingresso nel mondo del lavoro. Inutile dire che, per le
4P lo stato italiano potrebbe fare di più: Garantendo, tanto per cominciare, il risarcimento alle vittime. Ad oggi in Italia «la legge europea che prevede il risarcimento per le vittime è stata attuata per le “ostie” della violenza negli stadi, ma non per le donne. Per questo nella serata del 25 novembre, anche ad Avigliano, in piazza Emanuele Gianturco, grazie agli organizzatori capeggiati dal “gruppo coordinamento donne” è stata ricordata e onorata la
Giornata Internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, voluta dall'Onu e celebrata appunto ogni
25 novembre. Le donne del “gruppo” nonostante la pioggia e un inizio di nevicata sono scese in strada formando la catena della solidarietà dal piazzale della stazione ad arrivare in piazza tutte vestite di nero e con un lungo drappo rosso per ritornare nel chiostro del comune per ballare insieme la canzone “Break the chain” (rompere la catena) un vero e proprio
“flash mob” che da subito ha coinvolto tutte le persone presenti che si sono scatenate a ballare e a gridare il proprio sdegno contro la violenza - E' questo il senso della campagna lanciata dal “gruppo coordinamento donne” che ha unito le forze per lavorare allo stesso obiettivo: dire “
BASTA” alla paura di ribellarsi contro ogni tipo di violenza.