365 GIORNI CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
Di norma, quando si decide di indicare un giorno, per celebrare un qualsivoglia aspetto della vita o della storia, provo una sorta di disagio. Forse, è un modo, il più delle volte da parte dell’uomo, di “pulirsi” la coscienza. Forse, è un modo per rendere manifesto una realtà che, per i restanti 364 giorni dell’anno, si tenta di nascondere, eludere, non vedere. Così abbiamo il 27 gennaio per ricordare la shoah, il 20 novembre per i diritti dell’infanzia. Ormai, sul calendario, sono segnate molte giornate dedicate ad eventi da celebrare o ricordare. Le autorità di ogni grado, in quelle occasioni, fanno una serie di dichiarazioni, in cui esprimono la loro profonda solidarietà, palesando, in taluni casi, la volontà di essere promotrici di iniziative a sostegno. Allora, seguendo i miei parametri, dovrei ritenere anche il 25 novembre, “giornata mondiale contro le violenze delle donne”, uno dei tanti eventi segnati sul calendario? Dico di no perché, in questo giorno, prima di ricordare la piaga infamante delle violenze verso le donne, mi rendo conto, innanzitutto, della mia sconfitta come uomo, compagno, marito, padre, fratello. La donna è un mondo, un universo con le sue leggi, verso il quale l’uomo, incapace di comprenderlo, ha usato la forza, tentando di dominare o conquistare. Invece di mettersi all’ascolto, l’uomo, impaurito, l’ha allontanata, considerandosi minacciato. E per difendersi, ha costruito una cultura, un linguaggio, una società improntata sul becero “valore” maschilista e sull’ideologia machista. Quindi, ben venga il 25 novembre e tutti gli altri giorni, se noi uomini, in ognuno di questi, siamo coinvolti duramente a combattere la cultura maschilista, che viene somministrata ai maschi sin da piccoli e, purtroppo, anche alle donne in modo più o meno diretto. Il vero problema è saper educare. Quando si parla di educazione, subito, si pensa alla scuola, meno alla famiglia e, meno che mai, alla società intera. Dobbiamo parlare di questo problema, noi uomini per primi, con i nostri figli, fratelli, amici per far crescere la consapevolezza nei più sensibili, e rompere questa spirale che stringe e costringe le donne in una condizione di sudditanza. “Mi picchia, ma in fondo mi vuole bene”. No. Non è facile da comprendere né da praticare la lotta agli stereotipi, a cominciare da noi adulti, quando tutto rema contro e anche la donna pestata, in modo sottile, è diventata uno stereotipo. E sono stereotipi immensi la debolezza femminile e la forza maschile. È giunto il momento della verità: promuovere la parità di genere.