TURATI, DE AMICIS E NENCINI
Venezia 1 dicembre 2013. Il 3° congresso nazionale del Partito Socialista è arrivato alla chiamata finale. Nella mattinata, il sottoscritto ha avuto il grande onere di essere eletto dall’assemblea dei delegati, nel Consiglio Nazionale del Partito. Successivamente alle 12,45, il nuovo segretario è stato eletto. I delegati, hanno votato le tre mozioni presentate: 1° mozione Nencini voti 457 – 2° mozione Bartolomeo ritirata e 3° mozione Sollazzo voti 57, l’esito della votazione ha confermato il già segretario Nencini. E con lui si va “Avanti” per “anticipare il “futuro”. Si dice che, “se un’idea è buona, deve esserci un partito che la rappresenta“. E dal congresso, tra le varie anime anche contrarie e critiche, ha preso vigore una forza del socialismo europeista, che si rimette in gioco, per valorizzare il lavoro contro gli eccessi delle tante rendite, l'economia reale rispetto a quella finanziaria, che fa della cultura, della inclusione e della innovazione, la frontiera all’interno della quale muoversi per sconfiggere il “turbo capitalismo”. Attenzione, però. Il socialismo è idee, razionalità ma, prima ancora, è cuore. Edmondo De Amicis, fedele collaboratore del giornale “Avanti!”, parlando della parola “compagno”, della quale la sinistra italiana oggi quasi si vergogna scrisse: “Solo l’operaio che s’ode chiamare ‘compagno’ dallo studente, il signore che si sente dare quel nome dal povero, il dotto a cui lo dice l’uomo incolto, il giovinetto a cui lo dice il vecchio; solo colui che giunto in una città sconosciuta si ode chiamare ‘compagno’ da cento giovani mai veduti; questi soltanto, noi soli, possiamo sentire e comprendere la poesia e la forza, che questa parola racchiude. Questa parola ‘compagno’, che ha acquistato un senso nuovo in tutte le lingue europee è per noi un argomento di conforto e di gioia. Quando pure la vecchiaia o l’infermità ci condannasse nei nostri ultimi anni a essere soldati disarmati e inoperosi all’idea che si splende nella mente, questa parola ci rimarrebbe sempre nell’anima, come l’espressione del più alto stato a cui la nostra coscienza e la nostra vita di uomini e di cittadini si siano sollevate. E all’ultima nostra ora, il nostro sguardo cercherà un amico, uno almeno, al quale possiamo dire ancora una volta ‘compagno’ come nei nostri bei giorni di lavoro e di battaglia.” Non esiste un passato da tradire. C’è un futuro da condividere. La scelta di base, emersa dal congresso, è una visione, un’ambizione: la presenza di una forza autonoma, che segni la fine della “diaspora socialista”. Guardiamo a tutti i socialisti come a coloro che hanno assoluto bisogno di un punto di riferimento, per tornare ad essere una comunità operante. Guardiamo al mondo delle associazioni, dei circoli e delle riviste, che non hanno trovato sinora un’eco nel mondo della politica, per intessere il filo rosso della cultura socialista. Guardiamo alla sinistra ma, in generale, alla “famiglia dei riformisti” colpita da una crisi che rischia, in assenza di proprie risposte critiche, di negare progressivamente qualsiasi futuro sia all’Italia che ai ceti più deboli, che ne costituiscono la maggioranza. Ricostruire in Italia, una sinistra che si ispiri al socialismo liberale, e che sia in prima fila nelle lotte sociali, nelle battaglie laiche e di libertà. E’ impegno che va molto aldilà delle nostre forze, che implica, quindi, il rifiuto di ogni auto-referenzialità con il massimo sviluppo di alleanze, convergenze, azioni comuni in ogni possibile direzione. Identità e forza delle radici del socialismo italiano, debolezze ed ambiguità della sinistra, condivisione di un percorso futuro teso a costruire un centro-sinistra vincente, favoriscono autonomia organizzativa, politica e culturale del partito nato a Genova centoventi anni fa. La storia socialista si salva dentro il PSI, a condizione che il gruppo dirigente sia unito e solidale, che vi sia rilancio dell’iniziativa politica attorno a poche ed identificabili proposte. L’identità non sia vissuta come isolamento, ma venga fatta valere in modo eretico dentro una coalizione costantemente sconfitta dal 2007 ad oggi. Si tratta di una sfida ambiziosa, che possiamo vincere se ci affidiamo con passione e con dedizione al partito in un cammino che non sarà breve. Difficile dare torto a Turati: “ Ogni scorciatoia non fa che allungare il cammino”.