IL TERRITORIO AVIGLIANESE NEI SUOI MILLE ANNI DI STORIA
Mille anni di storia di quel complesso territorio che risulta essere l’aviglianese dai primi segni di presenza umana con i graffiti mesolitici a Tuppo dei Sassi fino alla storia recente, anche artistica con le sculture di Vincenzo Claps del 2009: questo è il saggio dell’architetto e storico Francesco Manfredi “Avigliano Storia urbana Territorio Architettura Arte” vincitore della XL edizione del “Premio Basilicata” per sezione della Saggistica Storica e Cultura lucana “Tommaso Pedio” Premio Basilicata per la sezione di Saggistica Storica e Cultura lucana intitolata alla memoria di Tommaso Pedio. E’ la prima volta che è premiato un aviglianese, con un opera sulla storia di Avigliano ed edito da una associazione culturale della città Gianturchiana: il Centro Studi Politeia. Manfredi, nato nel 1961, vive ad Avigliano dove svolge l’attività di architetto, sin dagli anni dell’università si è occupato di storia, tra i suoi volumi “Avigliano tra Medioevo ed età moderna- Storia Feudale e sviluppo urbano (1995), La chiesa ricettizia di Avigliano e le cappelle si S. Vito e della Madonna del Carmine (1996) e “Le frazioni di Avigliano nell’età moderna e contemporanea” (2006). 1) il suo libro può essere considerato un’opera omnia della storia di Avigliano dai primi ritrovamenti di vita umana nella preistoria fino alla contemporaneità. Come è nato il libro e l’idea di una storia dell’aviglianese dalle origini. Mi preme sottolineare che il mio libro non tratta la storia di Avigliano tout curt, bensì soltanto un suo specifico aspetto, ovvero l’origine e l’evoluzione del centro urbano, in rapporto anche ai ritrovamenti archeologici e alle principali vicende che hanno interessato l’intero territorio comunale, considerando quest’ultimo per quello che era fino al 1951, anno in cui vi fu la secessione di una vasta area che andò a costituire l’odierno comune di Filiano. L’idea nasce nell’ambito delle ricerche connesse ad alcuni esami svolti presso la Facoltà di Architettura dell’Università Federico II di Napoli, a partire dai primi anni ’80. Mi sono poi man mano reso conto che Avigliano rappresentava uno straordinario laboratorio per una ricerca storico-urbana e territoriale, e, dopo circa trent’anni, ho ritenuto che i tempi fossero maturi per giungere ad una conclusione del lavoro che, mi piace precisarlo, non deve essere ritenuta definitiva. 2) Su Avigliano ed il suo territorio si è scritto molto dall’800 in poi, quali novità sono riportate dalle sue ultime ricerche? Su Avigliano si è scritto molto a partire dai moti del 1799. Si è pure trattato il periodo dell’Unità d’Italia e del brigantaggio post-unitario. Per questo stesso periodo il mio libro tratta in maniera abbastanza esaustiva, alla luce dai grandi cambiamenti promossi durante il decennio francese (1806-1815) e a partire dal 1861, i grandi cambiamenti che hanno interessato Avigliano, a partire dall’annessione dell’ex feudo di Lagopesole, quindi alla definizione dei confini comunali; all’espansione urbana in relazione allo sviluppo demografico in un’epoca in cui Avigliano era il comune più popolato dell’intera Basilicata; all’infrastrutturazione urbana e territoriale; alla costruzione delle principali opere pubbliche e all’edilizia scolastica. 3) Lei si sofferma molto sul patrimonio artistico presente nelle Chiese, a parte le opere di Giovanni Todisco del 1567, probabilmente gli ultimi affreschi del pittore rinascimentale, vi sono presenti dipinti, statue o manufatti di particolare interesse? Per quello che concerne il patrimonio artistico, a parte gli affreschi del Todisco nella chiesa di S. Lucia, da me studiati in collaborazione con Giuseppe Settembrino, mi è parso doveroso affidarne la trattazione, nel settimo capitolo del volume, ad uno storico dell’arte quale è, per l’appunto Ugo Di Furia. L’analisi critica delle opere presenti nelle chiese ha rivelato la presenza di pregevoli tele di accreditati artisti napoletani del XVIII secolo, quali Francesco Giordano, Girolamo Cenatiempo e Filippo Ceppaluni, le cui testimonianze lasciate ad Avigliano, rappresentano un unicum per l’intera Basilicata. 4) Nella parte medievale si sofferma molto anche su Lagopesole ed il suo castello, che oltre alla figura di Federico II Hoenstaufen è stato un luogo di importanti incontri sin dai tempi di Ruggero II D’Altavilla, Lotario III e Luigi VI il Santo, Papa Innocenzo II. Senza dimenticare gli Angioini Carlo I e Carlo II. Insomma, si parla molto di Lagopesole ma come nasce e come si sviluppa nei secoli il feudo ed il castello? Sin dall’antichità il sito di Lagopesole rappresenta il punto nodale dell’intero territorio. Da Lagopesole passava la via Erculea in età romano-imperiale; in epoca medievale è al centro dell’interesse da parte delle corti normanno-sveva e angioina, che ne fanno una delle più prestigiose domus del Meridione d’Italia. Il vasto territorio era, però, in quell’epoca un’immensa e impraticabile foresta che solo a partire dal XVI secolo, con la colonizzazione aviglianese promossa dai Doria, viene trasformato in uno dei più interessanti paesaggi agrari dell’area compresa tra il Vulture e il Potentino. 5) La sua è anche una storia urbana di Avigliano: quali sono state le cause della crescita di un casale e quali poi i motivi di un mancato sviluppo economico? La storia urbana di Avigliano si può riassumere nelle seguenti tappe principali: 1) in epoca medievale il vicus romano-imperiale diventa un borgo arroccato attorno a un fortilizio feudale; 2) a partire dal XVI secolo, fino a tutto il XIX, il centro abitato ha un notevole sviluppo senza soluzioni di continuità grazie ai benefici economici derivanti dalla colonizzazione del feudo di Lagopesole; 3) dagli anni ’30 del ‘900 il centro urbano comincia a spopolarsi in quanto molte famiglie si trasferiscono a Potenza attratte dalle molteplici opportunità di lavori offerte dal capoluogo lucano; 4) a partire dall’epoca Repubblicana, la crisi dell’artigianato di servizio, che da secoli aveva rappresentato il fulcro del tessuto socio-economico aviglianese entra in crisi, costringendo gli abitanti a volgere lo sguardo verso nuovi orizzonti lavorativi, quali il mondo imprenditoriale e soprattutto il settore impiegatizio, per i quali Potenza continua a svolgere un ruolo determinante. Ma questo potrebbe essere l’oggetto di un’altra pubblicazione.