COL PONTICELLO CHIUSO RESTIAMO ISOLATI FINORA SOLTANTO PROMESSE
«Solo promesse. Parole e promesse che non hanno minimamente migliorato una situazione assurda, ai limiti della sopportazione». E’ l’amaro sfogo della famiglia Spadola, che abita da oltre un anno in una casa completamente isolata, il cui unico accesso è costituito dal ponticello di contrada Avriola, chiuso completamente al transito da febbraio 2014. Padre, madre, due sorelle gemelle e l’anziana nonna su una sedia a rotelle, dopo anni di carteggi, lettere degli avvocati, missive al prefetto in merito alla pericolosità dell’unica via d’accesso alla loro abitazione, ed il «tragicomico» divieto a percorrerla, avevano accolto con gioia la decisione della Regione, nello scorso novembre, di un impegno di spesa di 162mila euro per i lavori di ripristino della passerella. «Sono passati ormai 4 mesi - lamentano i consiglieri comunali d’opposizione di Ruoti unita, Franco Gentilesca e Felice Faraone - dall’impegno di spesa voluto dal Presidente della Regione Marcello Pittella, ma tutto si è arenato. Vana è stata la speranza che l’ amministrazione comunale si adoperasse celermente per ottimizzare i tempi di ripristino del ponticello, restituendo alla normalità la vita della famiglia Spadola». «Il Comune – spiega Gentilesca – anziché affidare l’incarico di progettazione all’interno dell’Ente, come indicato dagli uffici regionali al fine di accelerare i tempi e risparmiare sulle economie impegnate, ha dato, in tempo utile prima che la normativa cambiasse, incarichi a tecnici esterni, addirittura di fuori regione, per diverse migliaia di euro ». Il caso degli Spadola, di cui la Gazzetta si occupa da anni, è balzato anche agli onori delle cronache nazionali, con un pungente servizio de «Le Iene». «Non possiamo più accettare – affermano gli Spadola - di vivere penalizzati, di essere presi in giro. Il nostro vuole essere un appello – l’ennesimo – all’Amministrazione comunale affinché si adoperi con urgenza per ripristinare una viabilità accettabile e sicura. A distanza di un anno, chi ha apposto quel segnale di divieto di accesso deve passarsi la mano sulla coscienza. Non ne possiamo davvero più».