IL MEZZOGIORNO ZANARDELLI E IL FASCINO DEL PASSATO
È uscito da poco un interessante libro, bello fin dal dipinto in copertina. Si tratta de “La scoperta del Mezzogiorno. Zanardelli e la questione meridionale”. Ed. Studium. Autori sono tre studiosi lucani: Giampaolo D’Andrea, Francesco Giasi, Donato Verrastro. Il quadro di copertina s’intitola: “La visita di Zanardelli in Basilicata”, è conservato presso l’Amministra - zione provinciale di Potenza. L’opera oltre a confermare l’avvenuto superamento della fase dei Macchiaioli di Michele Tedesco propone la sua nostalgia per l’antico. Un tema questo che fu molto caro al pittore anglolandese Lawrence Alma-Tadema le cui suggestioni si respirano nel quadro di Tedesco. La giovane donna che indica a Zanardelli i costumi lucani, il paesaggio agrario e chi lo popola, sembra suggerirgli, anche e forse soprattutto, di guardare le colonne di Metaponto e di cogliervi la natura politica della storia del passato e il fascino del mistero pitagorico. Lo sguardo che il vecchio leone bresciano rivolge in quella direzione è carico di interesse verso una immaginaria linea evolutiva che dalla democrazia classica magnogreca arriva al liberalismo della modernità. Nel suo contributo Giasi legge e ricostruisce la figura del bresciano; D’Andrea ripropone la lettura dell’intervento nel Mezzogiorno tra natura ordinaria e tendenze straordinarie; Verrastro, infine, si spinge con una circostanziata analisi negli effetti procurati dalla legge straordinaria per la Basilicata. Il volume poi è arricchito da immagini, foto del tempo, discorsi, memorandum e testi legislativi che fanno parte integrante dell’approccio interpretativo. Occorre partire dalla tesi che la legge rompe «con la tradizione della gestione uniforme dei problemi del Regno» ( p.70) e chiedersi: 1) perché ciò accadde nei decenni a cavallo tra fine ‘800 e inizi ‘900 ? 2) qual è il filo unitario che lega contributi diversi tra loro per impianto argomentativo e tematiche affrontate? Guardando «la partita» che si stava giocando sul campo della questione meridionale, in quel torno di anni, se ne individuano subito i protagonisti. Primo. Si contendono il campo tre modelli di leadership: Crispi, Giolitti, Nitti. I primi due sono uniti da una vocazione autoritaria, il lucano è convinto di un’idea tecnocratica del comando. Secondo. Il quadro economico. Si assiste in questi anni al decollo industriale del Centro-Nord. Ne sono cause: un miglioramento della bilancia commerciale e dei pagamenti; la caduta dei tassi di interesse a livello internazionale; le rimesse degli emigranti; la conversione al ribasso della rendita pubblica che consentì un gran risparmio nel bilancio dello Stato. Tutto ciò determinò la creazione di un enorme surplus di danaro che andava redistribuito: al Nord come sostegno a quel decollo, al Sud in forme diverse, secondo le peculiarità regionali, come intervento straordinario con lo scopo di infrastrutturare, nel primo tempo, i numerosi distretti geografici. Terzo. Il dato politico di quel passaggio di secolo è costituito da scioperi, manifestazioni di piazza, crescita di socialisti e anarchici, regicidio, messa fuori legge del sindacato, colpo di Stato strisciante, in una parola una sorta di apocalisse di fine secolo per una gaudente e spaventata borghesia che si godeva i fasti del liberty e il sapore degli incipienti consumi del mercato unitario. Ciò rende necessario individuare la riflessione sulla modernità come filo unitario dei tre saggi. Una modernità da cogliere in primo luogo sul versante giuridico e sociale su cui si impegnò innanzitutto Zanardelli. Promosse la riforma del codice penale, abolì la pena di morte, promulgò leggi a favore del lavoro minorile e femminile, del diritto di sciopero e di riunione. Difese le prerogative della Camera che un maldestro Pelloux voleva eliminare per tacitare le opposizioni (tentazione sempre ricorrente). Ciò restituisce il volto civile,sociale e giuridico della modernità che rappresentò un approdo formidabile per molti settori della borghesia e delle élite politiche. È questa modernità, che nutrita di quella favorevole congiuntura finanziaria e monetaria, fa da sfondo ai tentativi di modernizzazione infrastrutturale del Sud e della Basilicata sui cui esiti complessivi è ancora lecito riflettere. L’immodificabilità della dura sintassi dei patti agrari (non toccati dalla modernità), la rendita parassitaria domata ma non vinta nel Mezzogiorno, affiancati allo scoppio del primo conflitto (che irragionevolmente oggi ci si accinge a celebrare) tranciarono quel filo evolutivo dalla democrazia classica alla modernità borghese del XX secolo che Zanardelli aveva visto confermato nel suo viaggio in Basilicata