FILIANO- C'è ancora, nel mondo della cultura lucana (e della Valle di Vitalba in particolare) qualche ricercatore, che annette una grande importanza a quello che fino alla seconda metà di Novembre-veniva chiamato (perfino con una punta di malcelato disprezzo) dialetto o vernacolo. Si trattava, in quella visione crepuscolare della cultura, di un movimento culturale, destinato, per fortuna, ad affievolirsi con i decenni. E che sta cedendo sempre più il passo a una maggiore considerazione "storica" della lingua parlata. Che, pur nell'immutato rispetto "nazionale" della lingua italiana indulge, con altrettanto rispetto, alla poesia nella diffusa lingua locale aviglianese. Sicuramente ancora la più autorevole, nonostante il ridimensionamento anagrafico del Comune aviglianese. Dal quale, il 10 marzo 1951, la maggiore delle frazioni aviglianese-dopo un'aspra lotta amministrativa, condotta insieme alle borgate Scalera, Possidente e Sterpito- acquistò la definitiva autonomia. E proprio domani il Comune di Filiano, come fosse per un omaggio all'antico Comune aviglianese, presenta al pubblico il terzo volume, che il giovane cavaliere della Repubblica Antonio Pace ha composto nella lingua locale di Avigliano (nella quale risiede). L'indole poetica di Antonio Pace- come risulta facilmente ai suoi lettori- è caratterizzata da una vena naturale, alla quale poco di magistrale aggiunge l'esercizio letterario. Il titolo di questo volume è "L'abbraccio", edito quest'anno per i tipi di Pisani Editore. L'autore non lo riconosce esplicitamente, è assai probabile che l'"abbraccio" al quale ha intitolato la sua fatica lirica, nient'altro potrebbe essere, che quello della cultura della sua grande "nazione", quella aviglianese. Quella delle sue origini.
Benedetto Carlucci