UN ACROSTICO PER NINCO NANCO
Il 19 novembre 1861 i briganti comandati da Carmine Crocco e da Ninco Nanco tentano per la terza volta di attaccare ed entrare ad Avigliano. Un gruppo prendeva pozione sul monte Calvario attaccando l’antica porta del quartiere Seritiello ed un secondo a cavallo probabilmente comandato da Ninco Nanco attacca nella zona della chiesa di Santa Lucia all’epoca fuori dal centro abitato. I militari sono solo 14 bersaglieri il resto della resistenza erano cittadini aviglianesi, tra essi l’ormai ottuagenario Nicola Corbo ed il sindaco di Avigliano l’avvocato e poeta Michele De Carlo.
Lo stesso Generale Boryes era contrario all’attacco prevedendo enormi difficoltà; dopo oltre 6 ore di combattimento i briganti si ritirarono verso Paoladoce e di là nei boschi di Monte Caruso. Michele De Carlo all’ epoca aveva 59 anni, era nato ad Avigliano nel 1802; ammalatosi di tisi passò parte dell’adolescenza nelle tenute di famiglia a Frusci leggendo molto i classici. La poesia rimase il suo vero amore anche se si laureò in legge a Napoli e di professione fu avvocato e notaio, altra passione la politica. De Carlo viaggiò molto da giovane, a Parigi, Milano e Firenze avendo contatto con artisti e scrittori poi tornò nel paese natio. La poesia restò la passione principale ma solo per diletto anche se alla sua morte avvenuta il 12 maggio 1866 la rivista “Il Fascio Lucano” del 31 maggio 1866 lo definì il Tirteo della Lucania. Le uniche poesie furono stampate a Melfi i e pubblicate postume ed inedite nel 1895 ad opera dell’editore di Melfi Antonio Luccioni
La poesia più famosa del De Carlo fu l’acrostico scritto su Ninco Nanco dopo la morte del capo brigante avvenuta il 13 marzo 1864.
ECCO NINCO NANCO
Ero e non son più, di sangue intriso
Corsi i campi ove sorge il Sacro Monte
Col ferro, il fuoco, lo sterminio e l’onte
O’ l’uman diritto e quel di Dio deriso.
Nessun mi guardi con pietade in viso
Il nome di Cain mi bolle in fronte ;
Non rispettai del mio battesimo il fonte;
Crudel mi son su cento tombe assiso
Or del Carmelo la Patrona e Diva,
Non più soffrendo la mia fausta sorte,
Arcano, ausilio ad AViglian largiva;
Negar non posso che Colei può molto,
Che al di qua di quel Monte ebb’io la morte.
Oltre quel Monte è mio fratelsepolto.