GIUSEPPE LUPO E LA SUA BASILICATA ONIRICA
Giuseppe Lupo oltre ad essere un docente universitario e saggista è ormai un narratore di fama nazionale. Lucano di Atella attualmente vive in Lombardia, dove insegna letteratura italiana contemporanea presso l'Università Cattolica di Milano e di Brescia. Tra le sue pubblicazioni con la casa editrice Marsilio :
L'americano di Celenne (2000; Premio Giuseppe Berto, Premio Mondello opera prima, Prix du premier roman),
Ballo ad Agropinto(2004),
La carovana Zanardelli
(2008; Premio Grinzane Cavour-Fondazione Carical, Premio Carlo Levi),
L'ultima sposa di Palmira
(2011; Premio Campiello-Selezione giuria dei letterati, Premio Vittorini),
Viaggiatori di nuvole
(2013; Premio Giuseppe Dessì) e
Atlante immaginario
(2014). È autore di numerosi saggi e collabora alle pagine culturali del «Sole 24 Ore» e di «Avvenire». Il suo ultimo romanzo è
L'albero di stanze -sempre con la Marsilio con il quale ha vinto il Premio Palmi 2015.
La domanda più ovvia sarebbe chiederle del suo ultimo romanzo “L'albero di stanze “; invece le chiedo perché hai iniziato a scrivere
Non sono mai stato un lettore forte almeno fino ai miei diciassette anni, cioè al tempo del terremoto del 1980. Quell’inverno mi ha regalato l’idea che la lettura, i libri, le storie, sono un rimedio contro la dispersione, la morte. Leggere ha significato colmare le paure, vincere le incertezze, trovare le ragioni della sopravvivenza. Naturalmente, a furia di leggere, accade di cercare una storia che nessuno ha scritto. E la storia che nessuna ha scritto la scrivi tu.
Ma alla fine scrivere è una fatica nera? Oppure è divertimento.
Per me è sempre stato un divertimento. Non ho mai creduto a chi dice che scrivere sia una sofferenza. Forse potrebbe anche esserlo, ma per me no. Io mi diverto a raccontare le storia, sia in forma orale che scritta. E penso che il lettore se ne rende conto dalla prima pagina.
Sulla creatività vi è sempre il dibattito se sia spontanea quasi “ un demone” alla Lorca oppure come sosteneva Edgar Allan Poe vi sia anche razionalità e metodo nello scrivere. La creatività di Lupo come nasce?
Calvino (e non solo lui) diceva che la scrittura si nutre di altra scrittura, il che equivale a dire: si nutre di letture. Ogni scrittore è l’addizione di storie che ha letto e interiorizzato. Ciò non significa che chi scrive cita indirettamente altri libri, dunque copia. Significa solo che nella sua testa volteggiano tante fole. Questo però non basta. Occorre disciplinare il caos, mettere ordine nel disordine. Io sono una persona confusa per vocazione. Perciò ho dovuto costruirmi un metodo per ottimizzare (uso un termine della produzione industriale) il lavoro.
Giuseppe Lupo scrittore, docente universitario e saggista sono tre facce della stessa medaglia oppure hanno dimensioni diverse. Sono in armonia oppure viaggiano “tra le nuvole” per proprio conto?
Apparentemente viaggiano per conto loro. Nel mio studio, per esempio, ho due scrivanie con due scritture diverse. L’ho raccontato in Atlante immaginario. In profondo, però, credo che le due scrivanie siano più vicine di quanto io stesso faccia credere. Non si tratta tanto di stili e modalità, che ovviamente non possono non essere diversi. Mi riferisco ai temi, uno fra tutto: l’utopia.
Parliamo di Basilicata. Lei è partito giovanissimo per studi, ed insegna alla Cattolica a Milano e vive in Lombardia. Che rapporto ha con la sua “terra” ?
La Lucania è un grande magazzino di storie. La amo, ci torno spesso e ogni volta è come tornare dentro il ventre della madre per poi tagliare il cordone ombelicale. Si regredisce e si rinasce. Ogni volta che parto per il Nord, mi porto sempre con me qualcosa di inedito.
Come racconta la sua Basilicata ? Esiste una maniera per evitare i clichè nel narrarla.?
Ho sempre pensato che ogni geografia (dunque anche la Basilicata) può essere narrata secondo lo sguardo di ognuno e credo che ogni autore abbia diritto a dire la sua sulla base del suo sguardo. Per quanto mi riguarda, ho sempre scansato l’idea di una terra immobile e malinconica. La Lucania (più che la Basilicata) è piena di contraddizioni, di curiosità, di ambiguità, di valenze favolose e simboliche che non sono più attribuibili ai miti della terra e del mondo ancestrale. Insomma, credo sia necessario scavalcare Levi e il levismo, pur mantenendo nella giusta considerazione ciò che Levi ha rappresentato e dunque attribuendogli un ruolo da patriarca.
Però stiamo attenti: accanto alla Lucania di Levi, Scotellaro e De Martino, esiste anche la Lucania di Sinisgalli. Petrolio, industrie, calcoli, numeri...
L’anno scorso si leggeva spesso sui social “Basta con il Levismo”. Era diventato un tormentone. A mio parere esagerato; ma esiste ancora il “Levismo” lucano?
Non esiste più (per fortuna). Esiste solo in chi non si aggiorna e continua a ripetere la filastrocca di una Lucania leviana che obiettivamente è sparita da almeno trent’anni, cioè dal terremoto del 1980.
Lupo lei è legatissimo ad Atella; viaggia molto per la Basilicata a presentare i suoi libri. Come è per lei l’humus culturale lucano?
C’è grande movimento, almeno in questi ultimi anni, ma bisognerebbe creare più rete (come dicono gli esperti). Sono ancora poche le librerie ed è ancora evanescente la cultura dei libri. Un esempio: se il sindaco di un qualsiasi comune invita un cabarettista o un comico a esibirsi in piazza ritiene naturale coprire le spese di ospitalità e, potendo, dare anche un gettone.
Lo stesso non accade quando si presenta un libro. Come se il tale sindaco del tale paese faccia un favore allo scrittore...
un aggettivo per il difetto o mancanza della Basilicata?
Dilettantismo.
Un altro per un pregio o una peculiarità della Lucania ?
La dolcezza.