LEGGI E CINGHIALI CONTRO I TARTUFI
Il ritiro dei tesserini con relativa multa e sequestro dei tartufi ai tartufai nelle foreste del Demanio Regionale, in particolare nella Foresta Regionale di Possidente del Comune di Avigliano, rappresenta una forzatura non motivata da alcuna normativa. Il fatto appare ancora più grave proprio perché i tartufai avevano tutti i requisiti per la ricerca e la raccolta dei tartufi. Erano in possesso dell'apposito tesserino valido su tutto il territorio nazionale, portavano i due cani, come da regolamento, avevano il microchip di riconoscimento, l'auto era parcheggiata sul ciglio della strada fuori dal bosco e non vi era alcuna tabella di divieto. Le foreste di demanio della Basilicata sono 12, di cui 11 nella provincia di Potenza, con una superficie totale di circa 13.500 ettari e non sono state regolamentate ai sensi dell'articolo 12 della legge 35 del 27 marzo 1995 e dall'articolo 6 punti 1 e 2 della legge quadro del dicembre 1985. In questo contesto, non si comprende la drastica posizione dell'Ente Regione contro i tartufai, proprio all'inizio della stagione del tartufo scorzone aestivum, causando gravissimi danni economici e l'impossibilità di esercitazione dei cani, il cui costo di mantenimento è noto a tutti. È appena il caso di ricordare che la stragrande maggioranza dei 4000 tartufai, in regola con il pagamento dell'apposita tassa di concessione all'Ente Regione, sono disoccupati o con redditi da fame. A tutto questo, si aggiunga il fatto che alcuni Comuni della Basilicata vietano la raccolta dei tartufi ai non residenti, invocando la legge n. 1766 art. 4 del 1927 sugli usi civici, pur sapendo che la stessa non prevede alcun divieto sulla raccolta dei tartufi. Si ricordi a quei Comuni, che hanno affisso abusivamente cartelli di divieto: proprio in virtù delle leggi regionali e della stessa legge quadro nazionale, la raccolta dei tartufi è libera nei boschi e nei terreni non coltivati. Siamo di fronte al rischio di perdere progressivamente e per sempre un patrimonio importante, anche dal punto di vista economico e sociale. Il tartufo lucano infatti, sia pure tra tante difficoltà, riesce ad assicurare a chi ha più bisogno un minimo di sostentamento. In meno di 40 anni dall'introduzione del cinghiale nella nostra regione, siamo passati da una raccolta media di due chili al giorno del tartufo aestivum degli anni passati, ai circa 500 grammi di oggi. Anche per quanto riguarda il tartufo invernale uncinatum, nel 2015 non si è superata la media di 400 grammi al giorno, mentre negli anni passati si superava il chilo e mezzo. La proliferazione non controllata di questi animali determina un danno enorme non solo al patrimonio tartufigeno lucano, ma anche a tanti contadini che vedono sistematicamente distrutte le proprie coltivazioni. Neanche quella sorta di selezione naturale che veniva praticata dai cacciatori è più possibile scoraggiati come sono dai tanti vincoli e divieti. Molti di loro infatti, hanno rinunciato al porto d'armi ritenendolo un costo inutile. Si ritiene opportuno, per tali motivazioni, organizzare un incontro in breve tempo per affrontare in maniera esaustiva i temi appena accennati nella presente lettera. Fiducioso in un celere riscontro, saluto cordialmente.