LA CITTÀ CAPOVOLTA SI SVELA…
In “Una poetica per il Teatro «Stabile»” l’intellettuale e storico della potentinità Lucio Tufano così scrive del contenitore culturale di maggior pregio della città: “Era l'anno in cui Potenza aveva rossore dei suoi vicoli, perciò il Consiglio comunale decise di mutare i loro nomi. Il vicolo «Innamorata», che dalla Pretoria portava alla casa Labbate, con le finestrette piene di garofani e di spigonardi, l'antico vicolo delle notti estive ove pareva si sentisse, ancora in sordina recato dal fresco vento notturno il motivo di una serenata medievale, cambiò in «Fratelli Santa Sofia». I consiglieri comunali Biscotti, Marchesiello, De Stefano, Gavioli, Tedeschi, De Rosa, Pignatari, Tufanisco, Crisci e Verrastro avevano deciso per la nuova toponomastica. Al teatro Stabile, in quell'ottobre del 1905, trionfava l'operetta con la compagnia Ramponi diretta da Achille Rivelli, mentre pochi mesi prima la compagnia Armida Chiarini Furian, aveva dato ai potentini: «Come le foglie», «Sperduti nel buio», «La signora delle camelie». Allora il teatro, che appariva come un grosso edificio con i cancelli attorno ai suoi tre ingressi, bello e suggestivo e con i custodi in divisa, raccoglieva la grande aspirazione dei potentini di evadere dal piccolo ambiente cittadino.” E proprio allo Stabile che Martedì prossimo, 8 novembre, dalle 18,00 che l’Associazione “Letti di Sera” presenta il suo secondo volume sulla città di Potenza. Dopo “La città svelata” (2015), venduto e distribuito in oltre mille copie è la volta de “La città capovolta” , entrambi i libri editi da UniversoSud. L’intervista che segue, a mo’ di conversazione, l’ho realizzata, su un’idea di Leonardo Pisani, con Paolo Albano, animatore e presidente di “Letti di Sera”:
Paolo, prima domanda, da giornalista serio (io). Quando è nata l’idea di “Letti di Sera”, in quanti eravate, cosa vi siete detti?
E’ nata tre luglio fa. Da Cibò chiacchierando con Rocco Catalano, poi con Peppone Calabrese. Ci dicemmo che sarebbe stato bello occupare le sere d’estate davanti ad una scalinata e davanti ad un bistrò tanto particolare che non sembrava essere nemmeno a Potenza. Con Rocco abbiamo scritto un testo. E abbiamo cominciato con Oreste Lo Pomo, in una serata fantastica di luglio. La settimana dopo Maurizio De Fino, poi Giuseppe Lupo, poi Mimmo Sammartino, poi Raffaele Nigro, ancora Gaetano Cappelli e l’affascinante e brava Carmen Lasorella. A dicembre dell’anno successivo avevamo organizzato 50 incontri, ad oggi abbiamo sorpassato i 150. Siamo passati da Cibò a Gocce d’autore, alla libreria Ermes a Kikipedia alla terrazza del Grande Albergo e non so dove più. All’inizio da solo, poi ha cominciato a formarsi un gruppetto ma questa storia del gruppo che è cresciuto di giorno in giorno è una storia a parte.
Seconda domanda, fra il serio e il faceto, ma veramente avete pensato che se Matera era la città della cultura,Potenza ne fosse la culla? Un po’ presuntuosi? Potentini …
Potenza appare, è apparsa quasi sempre diversamente da quella che è. A me ha sempre dato fastidio l’idea di Potenza città regione e cioè la città degli uffici, della burocrazia, della politica che comanda e basta. Mentre ci dicevamo tutto questo a Potenza nasceva un teatro d’avanguardia, poi si affermava quello dialettale, e poi e poi un Premio importante “il Basilicata” e poi associazioni culturali che discretamente hanno cominciato ad operare. Potenza è altro, ha una storia culturale importante e la mantiene e la fa crescere anche senza riflettori. Nessuna presunzione solo consapevolezze.
Terza domanda, poco seria, di la verità, sei un piacione … Ti diverte l’idea di sparigliare, di scombinare, di mettere in moto risorse umane, talenti?
Ah quanto mi piace praticare ciò in cui credo e che nel mio lavoro ho cercato di fare . Le persone, ogni persona ha un valore da mostrare, poi ha anche mille difetti da strapparsi di dosso. Ed io penso sempre che dare valore ad ogni persona con cui veniamo in contatto sia la condizione senza la quale un ufficio non possa funzionare, un’associazione non possa vivere. Ho sempre pensato che quelli che si circondano di uomini e donne di poco valore per emergere siano degli imbecilli che non fanno bene alla città o alla regione. A me non costa nulla ammettere che ci sia un amico o un collega che sappia fare una cosa meglio degli altri. In questo senso ho sparigliato certo che ho sparigliato e ci siamo trovati insieme in sintonia con tante persone di idee politiche diverse ma che amano raccontarsi ed ascoltarsi soprattutto
“La città svelata”, due edizioni, mille copie vendute e distribuite. Un piccolo successo editoriale e tu, testardo, hai voluto bissare con “La città capovolta”. Martedi 8 novembre al Teatro Stabile, dalle 18,00, presenti (presentiamo) un sequel o una cosa editorialmente diversa?
Raccontare la città dalla periferia, farla raccontare da chi l’ha vissuta da bambino partendo dalle contrade, dai rioni. L’idea l’ha avuta Giuseppe Melillo ed io l’ho cavalcata senza ritegno rompendo le scatole, cercando persone. Un giorno Maurizio De Fino, tanto seducente come scrittore tanto bravo come imprenditore, mi disse vuoi raccontare Montereale? Chiama Gianfranco Blasi. E forse pure lui mi suggerì per Chianchetta Tonino Califano. E così sono nate amicizie fortissime con persone che se si fossero date appuntamento sulla politica non si sarebbero mai incontrate. Aggiungo a questa compagnia Rosario Avigliano, lui di Vaglio, ha descritto Via Pretoria commuovendoci. Poi tu ed io siamo ormai inseparabili, ci siamo praticamente “fidanzati” come solo due amici di sempre si sanno voler bene. La Città capovolta è una storia più ricca. Una storia da tenere a portata di mano sempre perché serve sapere quello che più di cinquanta amici hanno scritto di Potenza.
Decine e decine di eventi letterari, le notti bianche del libro, d’inverno quelle della parola, una vivacità che si combina con la nascita di tante associazioni. Ma che sta succedendo a Potenza?
Succede che Potenza c’è una vivacità che non si immagina che cresce di giorno in giorno. Accadono anche sovrapposizioni, qualche briciolo di confusione ma che importa. L’anima della città e tornata e noi la dobbiamo far camminare per ogni dove con tutti i passi possibili sottobraccio a chiunque la voglia accompagnare basta che passi l’esame della dedizione corale alla città.
Conoscendoti so bene che non accetti la cultura di regime, la disciplina della dipendenza dalla politica. Ma non eri un doroteo, colombiano, democristiano?
Sono un doroteo e resto colombiano. Spesso mi capita di incontrare e parlare con persone che agiscono in nome e per conto delle antiche appartenenze senza aver mai vissuto un’appartenenza vera. Le cosi dette storie a convenienza non mi interessa nemmeno ascoltarle. Ci sono uomini e donne che passano in politica da un luogo ad un altro come i peggiori saltimbanchi. Non sanno che non sono più. Da ragazzo abbiamo fatto giornali, tenuto in vita associazioni incontrandoci democristiani e comunisti nella Chiesa della Trinità e quell’abitudine al rispetto degli altri la ho nel sangue. Non parliamo poi di Colombo. I tanti o i tutti? Che sono nati da lui si dovrebbero vergognare di non averlo saputo ricordare.
Paolo, ma davvero sei riuscito a far scrivere il preside Mecca? Com’è che l’ha definita “Potenza l’eretica”. Ma come “eretica”, una città che appare sempre allineata al potere dominante. Non è che Mecca ha fatto pipì fuori dalla tazza? (Tanto Lello non legge “Il Mattino di Foggia” e non conosce i social….)
Intanto gli farò avere questa intervista perché deve sapere tutta la nostra stima e amicizia. Lello Mecca, il professore Mecca, il Sindaco Mecca, il Preside Mecca è una persona da ascoltare sempre. Si può non essere d’accordo qualche volta ma bisogna sempre ascoltarlo. L’origine eretica di Potenza ce l’ha ricordata lui pubblicando sul “nostro libro” per la prima volta. Che privilegio. E anche questa è un’altra storia da raccontare
Francesco Durante viene da Napoli per presentare il libro. Innanzi tutto, chi è? E poi, quest’idea di Potenza porto del Mediterraneo. Ma tu, Rosario Avigliano, Antonio Candela, Simona Bonito, Leonardo Pisani, Antonio Califano, Giuseppe Melillo, il maestro Gaetano Cappelli, Amina Sansone e gli altri: vi siete fatti una canna?
Questa del porto a 819 metri sul livello del mare bisogna venirla a scoprire, occorre leggere il documento di Tonino bisogna sentire martedì una novità che ha a che fare con il Mediterraneo. Ci accompagna Francesco Durante che solo Gaetano Cappelli ci poteva presentare. Francesco è scrittore, giornalista che ha scritto per Il Corriere della Sera, il Mattino, critico letterario tra i più credibili, animatore e direttore da qualche anno di Salerno Festival. Ha organizzato recentemente gli Stati generali della letteratura meridionale e noi di Letti di sera siamo stati con lui e con lui continueremo a lavorare allargando i confini. Si tratta della sconfinalità. Da lì possiamo allargare i confini se abbiamo da dare e da lì potremo ritrarci se avremo da ricevere. Le complicità, l’attenzione per gli altri, la richiesta di ascolto che noi facciamo verso gli altri sono il frutto della sconfinalità.
Paolo, ultima domanda. Ammettilo, senza di me, che sono la parte “destra” del tuo cuore non potresti continuare quest’avventura…
Gianni – gli amici chiamano così Gianfranco Blasi n.d.r- è sicuro come è vero che abbiamo fatto questa intervista. C’è una cosa che ci accomuna fortissimamente e della quale, sono sicuro, tutti e due non possiamo fare a meno. Riusciamo ancora a commuoverci, qualche volta senza ritegno. Lo possono fare, guardandosi, solo gli amici veri.