CON UN BLOG RIVITALIZZO L'ATTIVITA' DELLE ONORANZE FUNEBRI
Un mestiere delicato, che richiede umanità e professionalità, quello delle onoranze funebri. Una professione che nel passato era avvolta ed imbrigliata nella superstizione, che oggi, forse per merito di una maggior maturità culturale, forse a causa della cosiddetta globalizzazione (negli Stati Uniti i cimiteri sono dei parchi che vengono vissuti tutti i giorni), o forse solo per un calo generalizzato delle credenze scaramantiche, non esiste quasi più. Una professione che le nuove generazioni di necrofori hanno cercato, con un piede ben ancorato al passato, di innovare, offrendo una gamma sempre più alta di servizi, come la Imbrenda Service di Avigliano, che ha deciso di valorizzare il patrimonio affettivo e sociale dell attività attraverso un blog (imbrendaservice.wordpress.com). Ne abbiamo parlato con il titolare, Pietro Imbrenda.
Lei ha preso le redini di un azienda familiare. Tra credenze e superstizioni, mi racconta come ha vissuto agli inizi, prima da figlio e poi da imprenditore, questo mestiere? «Nel 1963 mio padre Giambattista, noto a tutti gli aviglianesi come "Titto di Nunzio", ampliò l attività di falegnameria, insieme al suo maestro d arte Francesco De Carlo, detto "Mast Cicc", iniziando a fornire bare e mettendosi al fianco della comunità aviglianese nei momenti più difficili del commiato dalle persone care. Io iniziai a seguirlo dall età di 14 anni e nel corso del tempo ho visto una vera e propria trasformazione dell alone che avvolgeva coloro che erano impiegati in questa attività, da portatori di sfortuna a persone che svolgono una funzione quasi di pregio, quella di accompagnare nell ultimo viaggio i defunti. Nel 1990 subentrai nell impresa ed iniziai a fare delle innovazioni, ad occuparmi in toto dell evento luttuoso, per alleggerire da incombenze pratiche e burocratiche i familiari».
La sua impresa si è spinta però anche oltre. «Ho sempre pensato che chi lascia la sua impronta nella memoria degli altri non muore mai. Mi è venuta così l idea di aprire un blog sul quale non solo pubblicare i necrologi, ma far rivivere storie, raccontare aneddoti di vita attraverso chi ha conosciuto la persona scomparsa, aprendo a commenti e ricordi anche di chi risiede ormai lontano e che, attraverso questo diario virtuale, continua a vivere la comunità. Credo che, col passare degli anni, il blog acquisterà un importanza sempre maggiore, divenendo un vero e proprio archivio storico del nostro territorio e degli aviglianesi. Nella stessa ottica, abbiamo iniziato a fornire reportage fotografici: un ricordo doloroso, ma prezioso da rivedere, soprattutto nel tempo».
La vostra esperienza è finita al centro di una ricerca della Iulm (Libera Università di Lingue e Comunicazione) di Milano. Me ne parla? «Nel 2007 il blog è stato fulcro di una ricerca di Alessandra Micalizzi della Iulm, Thanatos in rete, sull esperienza del lutto in rapporto alle nuove tecnologie e soprattutto al mezzo internet, studio dal quale abbiamo avuto un ulteriore conferma della bontà della nostra iniziativa. Le famiglie che avevano accettato di pubblicare la storia del proprio defunto, sono state sottoposte ad un questionario in forma anonima su cosa abbia rappresentato per loro vedere pubblicato su internet il ricordo del proprio caro. Risultato: a metà strada tra il diario personale e lo scambio interpersonale, scrivere on line offre la possibilità di rielaborare il lutto in un ambiente al contempo intimo e relazionale. Un servizio al singolo, dunque, che si aggiunge a quello della memoria collettiva».