AVIGLIANO – Le lusinghe, in casi come questi, si sprecano. Al premio Arco si sta sempre sul chi va là per non appesantire troppo il cerimoniale, per non creare momenti eccessivamente stucchevoli, che pure non mancano. Poi se un giudice che di nome fa Francesco Antonio Genovese lo si chiama “Tonì”, come se fosse ancora quel giovanotto uscito dal liceo scientifico insieme a Vito Santarsiero, a Tommaso Samela, all'avvocato Lello Romano, allora si capisce che la cerimonia è confidenziale, distante dai soliti cliché di rito che imporrebbero ben altri formalismi per un premio a un presidente di Tribunale.C'è il solito caldo estivo, tra un ricordo e l'altro. Il pubblico adulto di sempre, di giovani nemmeno l'ombra o quasi.Se fossero stati nel larghetto della chiesa dell'Annunziata avrebbero saputo che il presidente del tribunale di Prato, Francesco Antonio Genovese, uno come loro negli anni Settanta, ha una carriera invidiabile e una storia comune a tanti giuristi aviglianesi che da giovani hanno fatto le valigie alla volta di Napoli: oltre “quei monti azzurri che indicano la strada per Napoli. Quasi una fatalità per gli aviglianesi”, fa notare il docente di storia del diritto medievale e moderno dell'università di Perugia, Ferdinando Treggiari, studioso di Gianturco e amico di Genovese.Quelli che ieri sera hanno partecipato al premio Arco, riconoscimento assegnato dalla Pro loco agli aviglianesi che si sono distinti lontano dalla loro terra per impegno e vivacità culturale, hanno saputo che un loro concittadino è stato assistente e docente in due università, Napoli e Urbino, poi pretore, assistente di studio alla Corte costituzionale, magistrato di appello presso il massimario della Corte di Cassazione, quindi consigliere nella stessa corte, consulente del Csm e della commissione antimafia. È stato tutto questo “Tonì” Genovese e pertanto ha ottenuto il premio arco, manufatto in argento che ritrae l'Arco della piazza, costruito dall'orafo Dino Summa.Uno che, Genovese, a 54 anni ha compreso che l'impegno nel diritto non doveva essere soltanto teorico, scientifico, ma anche pratico: “Per questo – dice davanti ai suoi numerosi amici e familiari raccolti per l'occasione – ho lasciato la corte di Cassazione. Sentivo di dare un contributo a questo Paese. Un contributo per accelerare e sbloccare la giustizia, per contribuire alla definizione di un Paese più civile e competitivo”. Tra i suoi ultimi risultati, per restare in tema di pragmatismo, Genovese snocciola i numeri delle sentenze emesse dal tribunale di Prato, cresciute del 15 per cento dal 2008 al 2009, performance ottenuta sotto la sua presidenza di appena un anno.Prima che egli si raccontasse al pubblico, erano stati il sindaco di Avigliano, Domenico Tripaldi, e il presidente della Pro loco ad esprimere l'orgoglio per la carriera del concittadino. Un ricordo di un'amicizia lunga e particolare l'ha tracciato il prof Treggiari, il quale ha parlato di Genovese come “un raro giurista che contempla una visione storica, dogmatica e pratica del diritto”. Il sindaco di Potenza, Vito Santarsiero, dal canto suo ha ricordato gli anni del liceo, anche se non frequentavano la stessa classe: “Tonino non poteva non eccellere, non porsi nella grande tradizione dei giuristi aviglianesi. Tonino era il migliore tra noi”.