Era tra le armi preferite dei briganti Lucani. La Balestra Aviglianese ( si pronuncia Valestra), il pugnale ricavato da corni di Bufalo. Un’arma da duello, erroneamente considerato un semplice coltello. Le prime testimonianze sono del 1600, leggenda la sua origine: un fabbro non riusciva trovare moglie, nel passato era una categoria tenuta in disparte perché avevano costruito i chiodi per “crocifiggere Nostro Signore”.Povero e allontanato, conobbe una trovatella, anche lei sola poiché senza partenti e dote. Nacque l’amore e decisero di sposarsi. Il feudatario dell’epoca pretese lo “ius primae noctis”, allora il fabbro per difendere l’onore della sua amata inventò la micidiale balestra, lama sottile e affilata e che si poteva nascondere tra le vesti. La leggenda prosegue con la donna che per difendersi dall’oltraggio pugnalo il feudatario. Morì sanguinate in un angolo di Avigliano che ancora oggi è chiamato Arco del Riscatto. La fabbricazione del pugnale raggiunse alti livelli artigianali dal 1700, lame incise, il manico decorato. Un’arte che oggi è praticata da Vito Aquila. Una passione avuta sin da piccolo, nata con i racconti del nonno e dell’ammirazione della sua balestra. Il corno su cui costruire il manico deve essere a punta, piena e si incomincia a scavare solco profondo per la lama, agli apici le “varole” le molle per aprire e chiudere il pugnale. Tutto a mano, compreso le incisioni sulla lama che rendono tipica la Balestra. “ Deve avere tra caratteristiche precise” spiega Vito Aquila “ la forma deve essere a foglia di olivo, poi la lama deve avere “ lo scolasangue” cioè delle incisioni e forme a tacche da procurare ferite non rimarginabili e i tre “scrocchi” cioè l’apertura a molla in 3 tempi. Questo aveva un significato simbolico. La Balestra era un’arma da duello, con il primo scrocchio si minacciava, dopo il secondo si accettava la sfida, ed il terzo rendeva l'arma micidiale: la lama diventava fissa e non richiudibile. Iniziava il duello secondo le tecniche della scuola schermistica spagnola, mantello o giacca a difesa su un braccio e pugnale nell’altro. Il lavoro per creare una balestra è certosino e complicato. Aquila sceglie con cura i materiali su cui lavorare, anche la provenienza geografica: per i coltelli di color bianco, il corno è del Bufalo del Nilo. Gli acciai scelti con cura: damascato forgiato a mano, per la lama, acciaio C60 per la molla (balestra); alpacca, ottone e argento per le varole, oro o argento per le incisioni sul manico di corno.Spazio anche alla fantasia dell’artista come una balestra che ha incastonato nel manico una corniola, l’antico anello delle donne aviglianesi. Le dimensioni variano, Chiusa, è lunga dai 12 ai 28 centimetri; aperta, dai 22 ai 52,5. “le balestra" dei briganti erano di dimensioni maggiori” dice Vito Aquila “ forse anche il doppio” Una storia tra leggenda e realtà, quando i briganti dovevano armare i nuovi arrivati ordinavano agli artigiani di costruire i pugnali, quantità e tempistica. Il lavoro era preciso e fratto in fretta. La paura era enorme: sarebbe arrivato Ninco Nanco in persona a prenderle. In sella al suo cavallo nero.Vito Aquila esportale sue creazioni durante la “Sagra del Baccalà” nel chiostro dell’Annunziata, spazio dedicato agli artigiani di Aviliart.