LA CITTÀ DEL SOLE

05/11/2014
SALAPU, WARHOL E LE SAMOA AMERICANE
 
Jakob Roggeveen era un uomo di mondo. Un vero cosmopolita di altri tempi con una passione viscerale per il Pacifico Orientale. Nel 1722, in una delle sue spedizioni al servizio della leggendaria Compagnia delle Indie Orientali toccò quelle che poi sarebbero state ribattezzate le Isole Samoa Americane.

Cinque isole di natura vulcanica e due atolli disseminati nel mare cristallino della Polinesia. La più grande è Tutuila. Paradiso incontaminato di foreste pluviali lussureggianti e baie incantevoli troneggiate dallo sguardo rasssicurante del Monte Peak. Spiagge di finissima sabbia bianca e palme di cocco dove i Matai, i capi tribù locali, amministrano e dettano le regole basandosi soltanto sulla stella cometa delle usanze e delle consuetudini. Legislatura eufemisticamente approssimativa. Sport ancor di più.

Nonostante l’attività prediletta sia il rugby, come tradizione nei paesi dell’area oceanica, è il calcio a rendere famoso questo pittoresco arcipelago. In particolare la selezione nazionale. Affiliata dal 1998 all’OFC e la FIFA, la nazionale dell’arcipelago non incorporato agli Stati Uniti d’America è una delle nazionali più deboli del pianeta. I numeri sono impietosi. La squadra veleggia attualmente nei bassifondi del rankig FIFA (197), e il suo miglior marcatore all time può vantare solo due reti all’attivo. Come dire, l’importante è partecipare. Il barone Pierre de Coubertin apprezzerebbe, un po’ meno Nicky Salapu, recordman di presenze con la casacca dell’ASA, nonchè malcapitato portiere di quell’11 Aprile 2001. Il giorno della più grande goleada della storia del calcio.
Siamo a Coffs Harbur, città costiera del Nuovo Galles, sud dell’Australia. La piccola compagine è venuta fin qui a giocarsi contro i Socceroos un match valevole per le qualificazioni ai Mondiali di Giappone e Corea del Sud in palinsesto l’anno successivo. Da una parte i Socceroos all’epoca quarantottesimi nel ranking e dall’altra i ragazzi di Pago Pago duecentesimi nella medesima graduatoria. Centocinquanta posizioni separano le due duellanti, anticamera di quello che succederà in campo. Come se non bastasse l’enorme divario tecnico, i semiprofessionisti samoani devono fare i conti anche con gli immancabili problemi di natura burocratica e logistica. Reduce da due sonore sconfitte con Figi (13-0) e Samoa Occidentali (8-0), la selezione guidata in panchina da Tony Langkilde, presidente federale e commissario tecnico, non può contare nemmeno sulla compassione della FIFA. Il massimo organismo calcistico mondiale non fa sconti sul regolamento e vieta di giocare a tutti i giocatori in possesso del solo passaporto samoano, pretendendo come unico requisito valido soltanto quello statunitense. Complice poi la concomitanza con gli esami di Stato, la nazionale deve rinunciare anche agli under-20, alle prese con la maturità. E allora largo ai giovani con il c.t che prova ad improvvisare sdoganando una formazione di virgulti dall’età media di 18 anni. Difficile anche solo provare a far bella figura. Daltronde la sostanza non cambierebbe nemmeno con i titolari. La sostanza no, ma forse le proporzioni si. Buon per l’Australia, ma anche per le stesse Isole Samoa Americane. Perchè sono proprio le proporzioni bibliche della disfatta a consegnare questa partita all’immortalità del calcio.

L’Australia invece è assiepata in vetta al girone assieme alle Figi con una differenza reti positiva di ventidue. Il CT dei Socceroos, Frank Farina, conosce la pochezza tecnica dei samoani e risparmia alla contesa John Aloisi e Damian Mori, autori di dieci reti nella precedenta partita vinta 22-0 contro Tonga. Passano soltanto dieci minuti dal fischio iniziale dell’arbitro thaitiano Ronan Leaustic al primo goal dei Socceros. Ad inaugurare la partita è Con Boutsianis direttamente da azione d’angolo. Inizia l’incubo di Nicky Salapu. Autostima del portiere torturata poi dalle otto reti di Archie Thompson, dalle quattro di David Zdrilic, dalle due di Tony Popovic e da quella di Aurelio Vidmar.

Si va all’intervallo sull’irreale punteggio di 16-0. I giocatori rientrano ciondolanti negli spogliatoi. Utopistico riorganizzare le idee, ancor di più trovar le parole giuste per commentare quello che sta accadendo. Rassegnati nei pensieri, ancor prima che nelle gambe i giocatori samoani si apprestano a subire passivamente la seconda ondata degli Aussie. In avvio di ripresa è ancora Boutsianis ad aprire le danze. A questo punto entra in scena Archie Thompson. Il calciatore del Marconi Sydney si accorge di essere vicino al record secolare di segnature detenuto da Gottfried Fuchs e Sophus Nielsen. Lo mette nel mirino e con un pokerissimo calato nella ripresa riesce a superarlo. I due furono capaci di segnare dieci reti rispettivamente in Germania-Russia 16-0 e Francia-Danimarca 1-17. Thompson si fermerà a tredici. Deterrà il record fino al 2007 quando Panagiotis Pontikos,nella gara di terza divisione cipriota Olympos Xylofagou- S.E.K. del 2007, finita 24-3, segna ben 16 reti frantumando il record di Thompson. Oltre al goal di Boutsianis e le cinque marcature di Archie per gli Aussie timbreranno il cartellino anche Zdrilic (4), Simon Colosimo (2) ed una rete a testa per Fausto De Amicis, Vidmar e ancora Boutsianis.

Prima del termine del macth arriva ache il primo tiro nello specchio dei samoani. L’eroe è tale Pati Feagiai. Il pubblico apprezza e saluta la conclusione con un’ ovazione. Una piccola consolazione al termine di un’agonia indescrivibile. La partita termina con un 31-0 da Guinness. Nell’immediato post partita il tecnico samoano Tony Langkilde dichiara “We are a cinderella team“. Fotografia perfetta. Una Cenerentola capace di entrare nella storia grazie ad una disfatta. Un premio alla sconfitta. Un ossimoro calcistico, un’affascinante contraddizione. In fondo Nicky Salapu e le Samoa Americane devono ringraziare gli spietati arcieri Aussie. Warhol approverebbe.


 
a cura di Lacerenza Vincenzo
fonte aviglianonline.eu