Sono abituata a parlare di me attraverso i miei dipinti, perché nei miei quadri ho chiuso tutto...le mie sofferenze, le mie passioni, i miei dolori il mio amore. Questa volta pero ci provo a fare con le parole. Se dovessi descrivere la mia vita con una frase sarebbe di sicuro quella che ho inciso su uno dei miei quadri... “Viva la vida”...non mi stanco mai di gridare questo, fino all'ultimo respiro. Ho imparato ad amare la vita con tutte le sue sfumature, ma sopratutto ad amare me stessa. Mi chiamo Frida...anzi Magdalena Carmen Frieda Kahlo y Calderòn. “Fried” in tedesco significa “pace” e quindi per contestare la politica nazista in Germania ho cambiato il mio nome. Mi piace dire che sono nata nel 1910 perché questa è la data della rivoluzione messicana e io mi sento figlia di quel Messico moderno, ma in realtà sono nata 6 luglio 1907. Il ricordo più bello della mia infanzia è il legame bellissimo e profondo che avevo con mio padre, un ebreo ungherese emigrato in Messico. Ho imparato presto a convivere con il dolore. Sono nata affetta da spina bifida, che all'inizio era scambiata per poliomielite. Ma la malattia non mi impediva di essere una ragazza vivace, passionale e allegra. Odio le regole, sono stata uno spirito libero fin da piccola. Il mio sogno era diventare un medico. Ma questo sogno, come tanti altri è rimasto spezzato quel terribile 17 settembre 1925. Avevo 18 anni e dopo la scuola sono salita con il mio primo amore Alejandro su un autobus. Non ricordo bene cosa è successo, so solo che l'autobus fini schiacciato contro un tram. Questo incidente mi ha cambiato completamente la vita. Mi trovai con la colonna vertebrale spezzata in tre punti, frattura al bacino, piede destro schiacciato e tanti altri lesioni. Cosi sono stata condannata a mesi di immobilità, ma la conseguenza più grave di questa disgrazia per me non è stato il dolore fisico, ma l'altro che mi ha accompagnato poi per tutta la vita: non poter avere i figli. Dopo l'incidente sono stata costretta a una reclusione forzata e per mesi sono stata immobile nel letto. Nel corso della mia vita ho subito 32 interventi. Ogni volta vivevo con la speranza di poter recuperare l'uso completo degli arti, ma nessun intervento toglieva quel terribile dolore alla schiena che mi accompagnò per tutta la vita. Subivo ennesimi interventi con grande speranza e tornavo come un cervo ferito. Cosi infatti ho intitolato la mia opera che rispecchia tutta la mia tristezza esistenziale. La mia testa sostituisce il capo di animale ferito, sul cielo annebbiato dietro all'animale c'è qualche raggio di sole...una piccola speranza, ma ne' io ne' il cervo riusciamo mai a raggiungere questa luce. Dopo l'incidente sono stata costretta a lasciare gli studi. Avvolta dal dolore, dalla solitudine e dalla tristezza passavo il tempo a leggere e dipingere. Cosi ho creato il mio primo autoritratto “Autoritratto con abito di velluto” regalato poi al primo uomo che ho amato Alejandro Gòmez Arias. Dopo questa opera i miei genitori mi fecero un regalo molto particolare: un grande letto a baldacchino con uno specchio sul soffitto e dei colori. In questo modo ho iniziato a dipingere i miei autoritratti, ma anche a colorale la mia vita di speranza. Sono un spirito combattivo, lo sapevo che nonostante le previsioni e la gravita dell'incidente un giorno camminerò. Infatti è stato proprio cosi. Ogni mio passo mi provocava un dolore fisico, ma anche mi riempiva di gioia. Ho sempre ripetuto che le disgrazie della mia vita sono state due, ma l'incidente è quella minore. Quella più grande è senza dubbio l'incontro con mio marito Diego Riviera. Un gran maestro del muralismo messicano,un uomo più grande di me di venti anni che mi ha stravolto completamente l'esistenza. Ci siamo conosciuti quando gli portai i miei dipinti per avere il parere di una persona già conosciuta e apprezzata nel mondo dell'arte. Lui rimase colpito dal mio stile unico e moderno, da questi autoritratti attraverso i quali cercavo di svolgere un'indagine psicologica non solo di me stessa, ma anche del mondo intorno a me. Diego si innamora di questi dipinti con riferimenti all'arte precolombiana, ma sopratutto si innamora di me. Era un uomo grasso, non molto bello, ma con un fascino irresistibile, un personaggio intelligente e ironico. Sono stata sempre corteggiata da tanti uomini tra i quali Pablo Picasso che provò a conquistarmi, ma per nessuno ho perso completamente la ragione come per quell'uomo. Lui è stato la passione e l'ossessione della mia vita. Lo seguivo in tutto ciò che faceva. E stato lui ad accendere la mia passione per la politica. Con la sua guida sono diventata un'attivista del partito comunista. Ho seguito Diego a New York dove è andato per motivi di lavoro. Li sono rimasta incinta ed ho avuto un aborto spontaneo che per sempre ha spento la mia più grande speranza di diventare madre. Non c'è dolore più grande per una donna. Dopo questo ho voluto tornare in Messico. Per avere i nostri spazi abbiamo deciso con mio marito di vivere in due case separate, ma collegate una con l'altra con un ponte. Un ponte invisibile legava anche i nostri cuori e non mi permetteva di separami da quell'uomo che mi provocava tante sofferenze e mi tradiva continuamente. Ho cercato di ripagarlo nello stesso modo, ho avuto diversi amanti, anche rapporti con le donne. Non ho vergogna di ammettere la mia bisessualità espressa anche nel quadro “Due nudi nel bosco”. Magari non sono perfetta, ma preferisco essere unica! Con Diego ci siamo perdonati tanto, ma la sofferenza insopportabile fu per me il tradimento di mio marito con mia sorella. Naturalmente ho chiesto il divorzio, ma dopo un anno il mio cuore ha vinto la battaglia con la ragione e ho risposato Diego pur sapendo la forza distruttiva di questo amore. Questo sentimento l'ho raccontato in uno dei miei dipinti più significativi “Le due Frida”. In questa opera esprimo il mio dolore per il divorzio nonché la dualità della mia personalità. C'è una Frida ferita, lasciata dall'uomo che ama e l'altra vestita in modo colorato amata da Diego. Tutte e due le donne hanno un cuore esposto e sono legate da una vena che collega il cuore malato di una donna ferita a quello sano di una donna amata dal suo compagno. Non mi sento una surrealista, ho sempre dipinto la mia realtà. Alla ricerca di una maggiore intimità, ho preferito dipingere in dimensioni piccole avendo molta cura di ogni dettaglio. Il linguaggio delle mie opere è realistico a volte arricchito di elementi simbolici. Nel 1953 è arrivata una grande soddisfazione. La mostra personale dei miei dipinti alla quale ho partecipato nonostante il parere contrario dei medici, date le mie cattive condizioni di salute. Infatti quel pazzo di mio marito fece sistemare al centro della galleria un grande letto a baldacchino e la mostra fu un grande successo. Purtroppo le condizioni di salute stanno peggiorando giorno per giorno e dipendo sempre di più dai farmaci. Il dolore è sempre più irresistibile, ma grido ancora...Viva la vida. Poco tempo fa mi hanno amputato la gamba destra, ma ho ripetuto spesso che i piedi non mi servono perché ho le ali per volare. Oggi è il 13 luglio 1954...sono debole, l'influenza si è trasformata in polmonite, ma sono una donna felice. Il dolore non mi ha impedito di vivere la mia vita con passione e allegria. Vi devo lasciare...ho scritto nel mio diario e lo ripeto adesso...”Spero che l'uscita è gioiosa e spero di non tornare mai più”.
Frida muore quel 13 luglio 1954. Ho cercato di immedesimarmi in questa grande donna non per presunzione, ma perché questa magnifica pittrice messicana è una donna “universale”. Una donna che insegna a tutti che la vita è un dono e possiamo viverla pienamente al di là delle proprie sofferenze e disgrazie. La conoscenza della sua storia è necessaria per comprendere la sua arte molto intima e personale.
Frida è la più importante pittrice del' 900, ma anche ispirazione per il movimento femminista di tutto il mondo, pioniera di realismo magico e icona della moda. Il suo particolare stile etnico fin oggi ispira grandi stilisti. Frida è stata sopratutto una grande maestra che ci ha insegnato cosa è la vera bellezza: essa sta nella nostra dignità e personalità. Pertanto non ci resta che ripetere sempre anche nei momenti più bui...viva la vita, viva allegria, viva l'amore.